cinema

martedì 27 novembre 2012

PRIMARIE, SOFRI E MACHIAVELLI

STAMPA E REGIME
27 NOVEMBRE 2012

L'Albergaccio di Sant'Andrea in Percussina


Sempre a proposito di primarie. Deliziosa la Piccola Posta di Adriano Sofri sul Foglio letta stamani a Stampa e Regime da Massimo Bordin. Ha vinto Bersani ma per Sofri è amaro constatare che a San Casciano, il paese dell’Albergaccio di Machiavelli e di Case del Popolo, la vittoria sia andata a Renzi. E chiude con un fantastico: “deve essere per via dei Principi C. e dei Marchesi F., mi dicono. Ma quanti caspita sono questi marchesi e principi di San Casciano…”

Ciò mi fa tornare alla mente un mio vecchio divertimento poetico, tratto dalla raccolta ‘I dialoghi’

I

E’ la nobiltà d’intento
che ci salva


Ma chi la giudica
la nobiltà d’intento…
non ha salvato Dante dall’esilio,
Niccolò dall’Albergaccio


Anche tu il giudice
se dopo secoli
vai in pellegrinaggio a Sant’Andrea.


II

Sei un moralista


Il mio è il moralismo
di Niccolò all’Albergaccio
tanto che alzi la voce all’osteria, nel fango
o indossi il mantello nello studio
mai il pensier distolgo dall’agire umano.

lunedì 26 novembre 2012

GEOGRAFIA DELLE PRIMARIE

PRIMARIE CENTRO SINISTRA
25 NOVEMBRE 2012

 

In rosso vittoria Bersani
In blu vittoria Renzi
In viola vittoria Vendola

dati ufficiali PD, elaborazione grafica eustaki

martedì 20 novembre 2012

JOE STRUMMER

ROCK ART AND THE X-RAY STYLE
JOE STRUMMER - 1999

 
 
Copertina di Damien Hirst, riferimento all’arte rupestre degli aborigeni australiani. Nell’espressione ‘rock art’ però Joe Strummer stratifica una pluralità di significati. La rock art è quella aborigena, è quella dell’artist-star Hirst ma, nel nostro caso, è quella di Strummer. Il musicista inglese è egli stesso icona ( dal greco éikóna , immagine) e basta il suo nome su una copertina per dare un’aura al prodotto.
Dopo molti anni l’aura torna a riverberare da Rock Art and the X-ray Style. L’album esce nel 1999 (a chiudere il millennio, verrebbe da pensare…), quando Joe ha 47 anni, e parlarne, soprattutto oggi, non può limitarsi ad un oggettivo resoconto critico del suo contenuto strettamente musicale. E proprio perché si tratta di un lavoro di Strummer dopo dieci anni di silenzio, nell’ascolto si va necessariamente oltre al suo semplice impatto sonoro. È un album che comunque emoziona, sia nei momenti banali, a volte anche brutti, che in quelli decisamente riusciti, alcuni dei quali lasciano un segno profondo.
In Yalla Yalla Strummer si diverte e si prende tutto il tempo necessario (7 minuti) per regalarci un affresco global le cui radici vanno ad attingere sostanze vitali dall’humus migliore di Combat Rock, e intanto: Now night is falling on the grove / You can but dream. A seguire e a chiudere il disco Willesden to Cricklewood, una malinconicamente dolce e nostalgica canzone, con accompagnamento orchestrale, che ritrae la tranquilla vita di un quarantenne con mille anni di ricordi alle spalle che passeggia per le strade del quartiere. I tell you the town looked good / Walking lonely avenues / Where rhinestone cowboys find the blues / There's people in doing their thing... È un punto di arrivo esistenziale e fa rabbia sapere che di lì a qualche anno Joe non ci sarebbe più stato.
Ma la canzone che più di tutte si imprime nel cuore è X-ray Style, ballata esotica appassionata con chitarra acustica in evidenza, dal testo che salta dal Nilo al Mississippi. X-ray contiene tutto l’universo di Joe, ed è piacevole ricordarlo con la sua voce che canta:
And I need to see in an x-ray style
I need some rock art that don't come in a vial
Can anybody feel the distance to the Nile
I wanna live and I wanna dance awhile
.



Rock art australiana, stile X-ray

Questo post è dedicato a Roberto brazzz

venerdì 9 novembre 2012

LUTHER BLISSETT / WU MING

Q - 1999
ALTAI - 2009



Bisogna partire da Il nome della Rosa e dal palinsesto di romanzo storico come allegoria della contemporaneità. Ma le radici attingono linfa dalle avanguardie del Novecento, fino al situazionismo e al post-modernismo degli anni Ottanta. Q è il vero romanzo epocale/generazionale il quale, uscito nel 1999, riassume l’altercultura dell’intero decennio. Possiamo dire che Q è l’unico prodotto narrativo italiano ad essere global, pur muovendo da una visione del mondo che si sarebbe formata in parallelo con il movimento no-global che in quell’anno, a Seattle, acquisiva visibilità internazionale. Q, definito un historical thriller dalla stampa anglosassone è un manifesto comunista ed un gran bel graphic novel senza grafica. Q è un fumettone dal punto di vista concettuale e linguistico. Concettuale perché a parte i corsi universitari di semiotica e di storia moderna, la base culturale degli autori è quella dei comics; linguistico perché la struttura sintattica che caratterizza il romanzo è quella tipica del fumetto, dominata dall’asindeto. Esplicativo è l’incipit:

“Sulla prima pagina è scritto: nell’affresco sono una delle figure di sfondo.                                                                                    La grafia meticolosa, senza sbavature, minuta. Nomi, date, luoghi, riflessioni. Il taccuino degli ultimi giorni convulsi”.

Questa tecnica è la vera cifra del romanzo. Grazie all’uso di frasi minime, semplici, spesso nominali, il ritmo risulta incalzante e la materia trattata, potenzialmente complessa, ne risulta abbassata ad un livello di fruizione immediata, decisamente pop. Più elaborato è lo sviluppo dell’intreccio che non segue una linea cronologica ma i fatti vengono narrati, soprattutto nella prima parte, con uso di prolessi e analessi.

Il romanzo tiene, e bene, nelle prime due parti, con un culmine nelle vicende di Munster, anche se narrativamente la caratterizzazione fisica di colui che poi si confermerà essere l’alter ego del protagonista è forse un errore, che ne svela subito, all’entrata in scena, l’identità. Ma non importa, fino a Munster Q è perfetto. Nella terza parte il congegno si sfilaccia e le vicende alto-adriatiche, più vicine biograficamente agli autori, perdono attrattiva, facendo svanire il paragone con illustri modelli quali Eco, Salgari e Dumas. Comunque Q resta il migliore romanzo italiano degli ultimi venti anni. Stesso discorso non vale per Altai, il seguito di Q. Gert dal Pozzo diventa uno pseudo maomettano ritagliato sulla figura di Sean Connery e il plot, questa volta narrato secondo una rigorosa scansione cronologica, vira decisamente verso le atmosfere di Anne e Serge Golon e della loro Angelica la Marchesa degli Angeli. Anche linguisticamente, nonostante lo sforzo di  plurilinguismo, il risultato è debole e quelli che dovrebbero essere colpi di scena sono in realtà esiti prevedibili. Pur con questi limiti la lettura di Altai è piacevole e poco impegnativa. Puro intrattenimento, come un fumettone o un film di Angelica, appunto.
 
 

lunedì 5 novembre 2012

LEONARDO / MICHELANGELO / RAFFAELLO

FIRENZE, OTTOBRE 1504

Rubens, copia da Leonardo, La battaglia di Anghiari
Raffaello, Stanza di Eliodoro



Ottobre 1504, a Firenze si incrociano i tre geni assoluti del Rinascimento italiano. Leonardo ha 62 anni, è circondato da un’aurea di rispettata venerazione. Elegante, conscio della sua grandezza, è rientrato in città dopo le burrascose vicende che stavano insanguinando l’Italia settentrionale e che lo avevano visto passare di corte in corte fino all’incarico, ricevuto dal gonfaloniere Soderini, di affrescare il Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio per quella che sarebbe stata la sfida del secolo. Quella con Michelangelo, impegnato anch’egli ad affrescare lo stesso salone.

Michelangelo non ha ancora trent’anni ma è il personaggio del momento. Reduce dalla Pietà di Roma, è l’unico in grado di tener testa al celebrato maestro di Vinci. Ha iniziato come pittore ma ha conosciuto la fama grazie alla scultura ed ha un carattere completamente diverso da Leonardo. Lunatico, rustico, non veste panni ricercati, fugge la mondanità e i cenacoli di artisti frequentati da Leonardo.  Michelangelo è consapevole della sua grandezza anche se accessi di umor melanconico lo portano a momenti di smarrimento.

La sfida è sfida a tutti gli effetti. La concezione dell’arte per i due geni, pur partendo da un comune sostrato culturale neoplatonico, si manifesta con esiti formali profondamente diversi. Diversi anche dal punto di vista generazionale, Leonardo aveva subito l’ascesa del giovane Michelangelo non nascondendo una certa stizza per il fatto che lui, maestro indiscusso lavorava nella corti periferiche della Padana e non era stato chiamato per lavorare alla  Sistina, il cantiere più prestigioso dell’epoca e nel quale Michelangelo aveva raggiunto la fama. L’incarico ricevuto dalla Repubblica sarebbe stata l’occasione per dimostrare la sua superiorità nei confronti di colui che in fondo era principalmente uno scultore.

In città non si parlava d’altro, la preparazione per gli affreschi diventa una vera scuola per gli artisti cittadini e non solo. Proprio per assistere al cantiere formativo di Palazzo Vecchio giunge in città dai gioghi umbro-marchigiani un giovane dipintore con una lettera di raccomandazione al Soderini vergata da Giovanna Feltria, sorella del Duca di Montefelro. Raffaello Santi è un ventenne che proprio dall’autunno del 1504 inizierà quell’ascesa che lo porterà a vertici artistici assoluti grazie  all’elaborazione di un percorso che si configura come una somma sintesi delle concezioni estetico-formali dei due maestri.

Gli affreschi di Palazzo Vecchio non avranno una sorte fausta come l’entusiasmo suscitato. La Battaglia di Cascina di Michelangelo resterà su cartone, non finita e mai trasferita su parete per la partenza dell’artista per Roma. La Battaglia di Anghiari, una volta affrescata si deteriorerà subito per errori tecnici. Ma grazie a tale apprendistato artistico Raffaello formerà quella personalità che lo condurrà alle Stanze e agli altri capolavori romani.


Michelangelo, Studio per La battaglia di Cascina; Raffaello, Stanza di Borgo