cinema

mercoledì 29 maggio 2013

DAFT PUNK

SCORCIATOIE DISCOGRAFICHE
1997 - 2013




Certi fenomeni di intrippamento globale sono difficili da comprendere.  Non si spiega l’aura che emana il duo parigino dei Daft Punk: battage e lancio da superstar, critici in estasi, isteria dei consumatori, impazzimento collettivo. Se guardiamo con un certo distacco, ci accorgiamo che i Daft Punk sono ben poca cosa.  Quattro album in studio tra il 1997 e il 2013, nessuno dei quali memorabile. Noiosissimo il singolo che li ha lanciati, Da Funk, una techno dance che sfrutta inserimenti stranianti, voci, rumori, abbassamenti di volume, soliti trucchetti comunissimi nella musica d’avanguardia degli anni Settanta. Ma il primo album fa il botto e lancia un altro personaggio iperoverrated, il regista Gondry, autore del celebratissimo video di Around the world. Nel 2001 esce Discovery che contiene le uniche cose degne di nota dell’intera produzione del duo. Si tratta dei singoli One more time e Digital love. Due bei pezzi ma non certo da far ascendere l’album a disco del decennio (vedi Onda Rock!). Il passaggio successivo è un saltare il giro perché Human after all non lascia traccia. Così si giunge a RAM di quest’anno. Evento musicale e mediatico, il disco non è altro che della datatissima dance che ripropone quello che facevano sul finire degli anni Settanta due musicisti come Nile Rodgers e Giorgio Moroder. Ovviamente va detto che gli originali sono di gran lunga migliori delle copie intellettualizzate dei Daft Punk. Già che c’erano potevano recuperare anche Michael Cretu in fusion con i Delegation, ma per il musicista rumeno aspettiamo il prossimo album.

Su Nile Rodgers però bisognerà tornarci.

sabato 18 maggio 2013

CINEMA IN CLASSE

PRIMA DELLA PIOGGIA
MILCHO MANCHEVSKI - 1994

 
 
 
 

  
Prima della pioggia è un film che ha molti pregi ma anche qualche difetto.

La sceneggiatura, studiatissima e letteraria, si sviluppa in tre capitoli/episodi: Parole; Facce; Immagini. I titoli sono evidenziati con i caratteri bianchi preceduti dai cardinali 1,2,3, proprio come i capitoli di un libro. La struttura è circolare anzi, è un “cerchio che non è rotondo” il cui “tempo non muore” come Padre Marko sentenzia all’inizio del primo episodio.  Astraendo, possiamo sconfinare nella matematica pura e considerare i tre elementi del film come costituenti un insieme  iperreale. In matematica iperreale è un numero appartenente all'insieme R*, una struttura che può essere costruita a partire da R, ma che risulta più ampia rispetto a quella reale.
 
Manchevski elabora  il suo film come una teoria. Vuole mettere in scena la violenza del mondo reale, la brutalità della Storia ma per fare ciò scardina le coordinate della logica e della consequenzialità. In poche parole, la storia raccontata, risultante dall’incastro dei tre addendi filmici, si avvolge su se stessa facendo emergere fastidiose incongruenze temporali. Ed il risultato è opposto a quello che probabilmente voleva ottenere il regista. La violenza mostrata non riesce ad essere un pugno nello stomaco per un eccesso zelo teorico che rende banale proprio quella Storia (le guerre nella ex-Yugoslavia) che invece doveva, nella sua pura e semplice Realtà, restare il tratto sostanziale del film. Non a caso, per colpire, il regista deve ricorrere ad espedienti del tutto marginali rispetto al canovaccio principale, come l’olocausto delle tartarughe o il gatto squassato da una mitragliata.
 
Ma il film è fatto di immagini, suoni, parole e non c’è dubbio che Prima della pioggia sia ben girato. I silenzi del primo episodio, Parole, sottolineati dalle voci della liturgia ortodossa con la mirabile scena della ‘passione’ con le pie donne straziate dal dolore per la morte del familiare; la vita rurale nei villaggi di pastori e i pranzi nell’aia polverosa nell’ultimo episodio sono testimonianza di un certo talento che però sta faticando, dopo questo promettente esordio ormai lontano, a consacrarsi definitivamente.
 
Proposto in una prima superiore, il film non è stato compreso. Alla fine della visione i ragazzi, sconcertati, non sono riusciti a capire quello che avevano visto. È stata necessaria una seconda visione per definire almeno i personaggi principali e, nonostante che il film fosse la conclusione di una serie di lezioni sulla ex-Yugoslavia, non vi hanno trovato una chiave per entrare in quel mondo. In sostanza, non sono stati capaci di decodificare il codice comunicativo utilizzato dal regista. Alla fine è rimasta loro solo l’immagine del gatto, accolta da alcuni con sonore risate, da altri con esclamazioni di sdegno.





venerdì 17 maggio 2013

THOM YORKE, JAMES BLAKE...

ULTIMI ASCOLTI
NOVITA' 2013

James Blake


Uscite recenti.  Due notevoli canzoni di Rhye per il resto l’album, Woman, è debole. Già segnalati i video, guarda caso proprio dei due singoli che salvano il progetto danese-canadese. Attesi per una conferma che superi le incertezze del debutto, ma forse le speranze andranno deluse.

Altra delusione è la nuova uscita di Thom Yorke come Atom For Peace. Si tratta di Amok. Anche in questo caso si salvano due pezzi, con Yorke che riesce a far dimenticare di essere Yorke anche grazie alla struttura ritmico melodica che in Before Your Very Eyes e in Ingenue si eleva dal monotono marasma del resto dell’album. Comunque delusione parziale perché Thom senza i Radio non promette molto.

John Grant ha realizzato il suo secondo album, Pale Green Ghosts, dopo che gliene sono capitate di tutti i colori. In effetti è un disco bipolare, incerto tra elettronica e ballate romantiche dal gusto retrò. È con questa seconda anima che Grant esalta le sue doti vocali. Accompagnato da Sinead O’Connor, spicca su tutte It Doesn't Matter To Him, ma nel complesso non convince.

Nuovo disco anche per Billy Bragg, Tooth & Nail. In questo caso è difficile essere oggettivi perché Billy è per me una sicurezza e lo seguo quasi come un fan. Il disco è tranquillo. Più ‘americano’ che inglese, fatto di canzoni non impegnative da cantare ad alta voce magari guidando prima del tramonto.

Ma l’ascolto più stimolante di queste settimane è il secondo James Blake, Overgrown. Dopo il fulminante esordio di due anni fa e qualche EP di non eccelso livello, il ragazzo era atteso al varco. Le opinioni sono contrastanti. Io lo sto ascoltando molto e mi piace. Tra qualche tempo una recensione più accurata.

domenica 5 maggio 2013

FEDERICO GARCIA LORCA

SONETTI DELL'AMORE OSCURO
FEDERICO GARCIA LORCA - 1936

L'estasi di Santa Teresa del Bernini, metà Seicento


Non destinati alla pubblicazione, gli 11 Sonetti dell’amore oscuro sono un intimo colloquio del poeta con se stesso. Seppure è presente la seconda persona, il tu a cui si rivolge il poeta-amante, i sonetti sono come propaggini di un diario personalissimo, per mezzo dei quali si manifesta sulla pagina e allo sguardo dell’autore, una passione segreta. Sono proprio questi i due termini-chiave della breve ‘ghirlanda’(«Esa guirnalda»).

Passione perché ogni verso gronda appunto passione, fisica e immateriale, esplicitata nelle coppie metaforiche «cielo y mundo», «carne y cielo» eccetera; segreta perché l’amore che i versi celebrano è intimo, «oscuro».

Viscerale grumo di sensi, il poeta utilizza la forma lirica chiusa della tradizione occidentale, il sonetto, per trasporre la materia informe e sanguinante di lacrime, sudore e fiato in campo letterario, come fortemente letteraria è l’aura che emana dalla lettura degli 11 sonetti. Questi versi risuonano di classicismo screziato da una vena manierista e barocca che trae origine dagli elisabettiani e dal siglo de oro, da Shakespeare e da Góngora.

Ma la cifra più originale e assolutamente sostanziale della raccolta risiede nel misticismo. Santa Teresa d’Avila, San Juan de la Cruz affiorano nei sonetti e danno all’«amore oscuro» una chiave di lettura che trascende il semplice fatto biografico di un rapporto da tenere nascosto per approdare ai campi della spiritualità, resa attraverso la semplice forza della parola. In tal senso i sonetti sono costruiti attorno ad una serie di sostantivi-feticcio che si ripetono, quali luce, notte, voce, sangue, carne, ferita, bocca, petto cuore, sogno.

Per quanto attiene ai verbi, ricorrono quelli della tradizionale lirica amorosa: gemere, amare, piangere, vedere, perdere, morire, dormire e vegliare. Molto frequente, stilisticamente, l’uso dell’antitesi e della sinestesia ma nel complesso Lorca cerca di ridurre al minimo gli strumenti linguistico-espressivi per dominare meglio l’incandescente materia trattata, con risultati di sfavillante poesia.