cinema

mercoledì 31 dicembre 2014

BEST MUSIC 2014

PLAYLIST DI FINE ANNO - 2014





Le uscite musicali del 2014 non sono state esaltanti. Dando un’occhiata alle playlists di fine anno delle più importanti testate musicali, album dell’anno è senz’altro Lost In the Dream di The War On Drugs, di cui non sentiremo più parlare. Le seguenti sono invece le mie scelte musicali delle quali non solo non se ne sentirà parlare ma, per la maggior parte di esse, non se ne parla proprio.

Disco dell’anno: The Night Is Young, The 2 Bears

Best Songs:

1. Witness, Brian Eno / Karl Hyde

2. Lampedusa, Toumani & Sidiki Diabaté

3. Drinking from the River, Steven James Adams

4. Can’t Do Without You, Caribou

5.  La fine di uno scarafaggio, il Rondine



Witness, Eno / Hyde

Well Well Well Well Well Well Well Well
Between One-Two Am
I Miss You I Miss You
Again And Again And Again

You Used To Be Magnificent
Luck Pours Out Of You
Streets Go Dark And Dirty
All The Cracks Come Out To Dance And Play Tonight
 
Lost In All And In Their Eyes
Everybody Wants You
Gathering Around Your Sun And Moon
Your Sun And Moon

Did You Ever Dream The End Of The World, Watching Everything You Love Slip Beneath The Fun
Did You Ever Witness

Jungle Tiger Numbers Diamonds Voltage Hello Clouds Fire Summer Night Gloss Niceness Dreaming Bush Silence Cars Dancing Chess Landscape Irons Sun Moon Drums

Did You Ever Lose Your Faith For A Day
Seeing Everything Slip Away

Did You Ever Take A Ride
Or A Ride A Ride A Ride
Along The Road Taken All Your Life
 
Only To Find It Didn't Go To The Place You Thought It Would Arrive

Well Well Well Well Well Well Well Well
Between One-Two Am
I Miss You I Miss You
Again And Again 





venerdì 26 dicembre 2014

PETROLIO

IL PREZZO DEL PETROLIO


Quali sono le intenzioni dell’Arabia Saudita? Gli sceicchi sauditi detengono le più importanti risorse/riserve di idrocarburi del pianeta e sono loro che comandano in un’ OPEC che sta perdendo quote nel mercato mondiale del greggio.

Oggi l’OPEC fornisce una quota pari al 40% del mercato globale, in discesa rispetto all’oltre 50% di qualche tempo fa. Nonostante il ridimensionamento, non c’è dubbio che il ministro del petrolio saudita, Ali al Naimi, sia di fatto colui che stabilisce le politiche dell’ancora potente cartello dei paesi esportatori. E Ali al Naimi, all’ultima riunione OPEC del novembre scorso, ha imposto di non tagliare la produzione, innestando un continuo ribasso del costo del petrolio, sceso sotto i 60 $ al barile.

Sono in molti a sedere al tavolo da gioco, difficile capire quali siano le carte in mano ai vari giocatori. Tra gli OPEC, chiara è la posizione dei sudamericani e degli africani.

Il Venezuela ha un indebitamento eccessivo che avrebbe bisogno di un petrolio ad oltre 150$ per non aver problemi di sostenibilità del proprio bilancio. Ancora qualche mese agli attuali livelli e mantenere il potere, per Maduro, potrebbe diventare un serio problema.

La Libia è quasi un ghost-state in cui non si sa quello che accadrà il giorno dopo e chi ricopre attualmente ruoli decisionali ha tutto l’interesse a incassare subito valuta estera.

La Nigeria è un mix dei due stati precedenti. Ha problemi di debito e l’unità statale è messa in discussione dagli integralisti del Nord del Paese. Ha assoluto bisogno di denaro e spinge anch’essa per un taglio della produzione.

I ‘piccoli’ del Golfo, nel breve periodo, non hanno grossi problemi. Bilanci stabili, hanno accumulato ampie riserve in oro e valute forti quindi possono permettersi di stare al gioco dell’Arabia Saudita.

Più complessa la situazione di Iraq e Iran. Qui entrano in gioco diverse variabili quali l’ISIS, i curdi e il ruolo dei moderati sunniti iraqeni e il loro rapporto con gli sciiti di entrambi i paesi. Delicata la posizione dell’Iran, colpito dalle sanzioni ma anche per questo meno vulnerabile perché ha riserve che non sa a chi vendere, quindi per Teheran il problema del prezzo del petrolio è al momento secondario rispetto ad altre priorità come quella di rientrare in scena, magari proprio grazie all’ISIS.

E l’Arabia Saudita? Mantenere stabile la produzione e puntare sul ribasso dei prezzi ha, nel medio periodo, innegabili vantaggi per gli sceicchi di Ryad:

non perde quote di mercato in un contesto in cui, grazie ai forti investimenti degli anni scorsi, è aumentato il numero dei potenziali concorrenti per l’approvvigionamento;

→ mette in crisi il principale competitor non-OPEC, la Russia e gli effetti del petrolio a basso prezzo si sono subito fatti vedere a Mosca. Senza considerare che il costo di estrazione del petrolio russo è molto alto e quindi necessita di un prezzo al barile ben superiore di quello attuale;

→ tiene sotto scacco il rivale storico, l’Iran e se non intervengono fattori esterni rispetto all’energia (vedi nucleare e ISIS) con il prezzo intorno ai 60$ nessuno è interessato al petrolio invenduto degli ayatollah;

→ può continuare a tenere una condotta ambigua nelle relazioni con gli USA. Se da un lato la posizione dei sauditi indebolisce tre ‘nemici’ degli USA (Russia, Iran e Venezuela), dall’altro però può mettere in crisi l’utilizzo degli shale oils, per i quali sono stati investiti ingenti capitali negli anni scorsi e che stanno riportando gli USA verso l’autosufficienza energetica ma che un prezzo così basso li renderebbe non competitivi.

Per quanto tempo i sauditi riusciranno a guidare il gioco?




lunedì 22 dicembre 2014

BEST MOVIES 2014

COSA MI É PIACIUTO AL CINEMA


Over your cities, Anselm Kiefer a Barjac in Linguadoca


A proposito dei film visti quest’anno, breve bilancio provvisorio. L’anno si era aperto alla grande con due film poco apprezzati dalla critica che a me sono piaciuti molto. Ma ad essere sincero, secondo il sacrosanto principio della critica preventiva, mi sarebbero piaciuti anche senza vederli. Si tratta di The Canyons e The Counselor. Sono film ‘di coppia’ molto scritti. Nel primo ci hanno messo le mani Paul Schrader e Bret Easton Ellis (3,9/10 per IMDB!), nel secondo Ridley Scott e Cormac McCarthy (5,4/10). Quattro nomi che non possono non lasciare segni. E di segni ne lasciano molti.

Come ne lascia il documentario che la sempre più brava Sophie Finnes dedica ad Anselm Kiefer. Dopo averlo inseguito a lungo, sono riuscito a vedere solo quest’anno sul grande schermo Over Your Cities Grass Will Grow (6,9/10 su IMDB). All’interno della città-atelier dell’artista tedesco nel Sud della Francia, si vedono nascere capolavori.

Bella, brava e ottimamente diretta Scarlett Johansson in Under The Skin (7,9/10 per Rotten Tomatoes). Jonathan Glazer torna allo splendore dei video dei Radiohead.

Recitazione da oscar per Jake Gyllenhaal in Nightcrawler (76/100 per Metascore).

Ci sarebbe dell’altro – non molto –  ma bastano questi cinque titoli. Resteranno nell’archivio della memoria le immagini delle sale cinematografiche in diroccato abbandono in apertura di The Canyons e i dialoghi (grande Cormac!) di The Counselor



É assodato che la vita non procede per riportarti indietro. Tu sei il mondo che tu stesso hai creato e quando cessi di esistere, quel mondo che hai creato si spegnerà con te. Ma per coloro che sono sicuri di vivere la fine del mondo, la morte acquisisce un altro significato. L’estinzione di tutto il reale è un concetto che nessuna rassegnazione può includere. E poi, ogni grande aspettativa e ogni grande progetto si manifesteranno per quello che sono. Ma ora, Counselor, devo andare, ho da fare altre chiamate. Se trovo il tempo, mi farò una dormita”.

Il futuro dei cinema?


Jonathan Glazer come Bill Viola

mercoledì 17 dicembre 2014

ANDREJ BELYJ

PIETROBURGO
ANDREJ BELYJ - 1913



Già l’oggetto-libro, di per sé, vale l’acquisto, anche solo per guardarlo e tenerlo tra le mani. La casa editrice Adelphi compie un’opera meritoria, di quelle che fanno cultura, ripubblicando il romanzo Pietroburgo di Andrej Belyj, uscito nel 1961 da Einaudi, curato da Angelo Maria Ripellino.

Non solo il romanzo è un capolavoro ma anche la traduzione del grande slavista è un esercizio di tale bravura da costituire a sua volta un magistrale uso della lingua italiana, vicino a quella lingua che negli stessi anni scrittori come Gadda, Landolfi, Savinio e Longhi si divertivano a reinventare. Ripellino dedica anche un saggio-introduzione al romanzo qui riproposto. Perfetta la scelta di Rodčenko, un Rodčenko molto prossimo a Malevič. 

Personalmente mi sono avvicinato a Pietroburgo attirato proprio dall’oggetto-libro ed ho cominciato a leggerlo senza avere alcun ragguaglio né sull’argomento né sull’autore che non fossero le informazioni ricavate dagli amati Nabokov e Mandel'štamoltre all’esiguo carteggio tra Florenskij e lo stesso Belyj.
  
La lettura è stata una magnetica sorpresa. Pietroburgo è un vortice, una sinfonia in cui il testo si trasforma in spartito. Giunto alla fine, stordito da tanta potenza, ho letto il saggio di Ripellino che subito mi ha spinto ad iniziare di nuovo il romanzo. A seconda lettura il piacere è stato immenso. Non essendoci più la componente sorpresa, ne ho gustato ogni riga, ogni sfumatura.

Devo dire che nella mia esperienza di lettore non era mai accaduto di divorare un ‘romanzo in prosa’ una volta di seguito all’altra. Proprio come per le opere musicali, per comprendere le quali sono necessari vari ascolti per apprezzare al meglio i segreti della partitura o come per le opere di poesia per cui bisogna ripetere molte volte e ad alta voce il testo, Pietroburgo si assapora per assaggi successivi. E come per una partitura si succedono ed intrecciano leitmotiv, frasi, moduli espressivi che tornano e ritornano, uguali o variati a seconda dei punti di vista.


Si può parlare di scrittura simbolista, futurista, cubista. Si può parlare di realismo ottocentesco contaminato dal suprematismo, di nichilismo mistico, di reinvenzione della grande tradizione russa. Le etichette non servono. Serve la lettura, per lasciarsi scivolare dentro al gorgo, per farsi “agglutinare come uova di pesce” nell’alone magico dei personaggi, della topografia pietroburghese, delle invenzioni linguistiche.


lunedì 8 dicembre 2014

ARDENGO SOFFICI

MUSEO SOFFICI
POGGIO A CAIANO


Trasporto funebre - 1910
Secondo dopoguerra inoltrato,  a settantotto anni Ardengo Soffici sembra ancora impregnato di fascismo. Nell’intervista televisiva del 1957, vista al Museo Soffici di Poggio a Caiano, in doppio petto, i pugni serrati ai fianchi, la mascella ancora volitiva e il cranio calvo: sembra il Duce. Eppure il suo toscano da studio e da osteria affascina.
Nato nel contado fiorentino nel 1879, ventenne se ne va a Parigi e lì per quasi otto anni fa l’artista insieme ad altri artisti (Picasso, Apollinaire, Derain..): la solita Bohème. Torna in Italia e vi porta Cézanne, il post-impressionismo,  il cubismo. I tempi sono buoni per aderire al futurismo.
Intorno al 1912, a casa di Palazzeschi a Firenze, si incontrano Marinetti, Boccioni, Carrà, Papini e Soffici. Sta nascendo Lacerba e Ardengo è un compulsatore di avanguardie. Dipinge, verseggia, teorizza: “razzi, paradossi, immoralismi, libertà…”, per citare Papini. Nel 1915 va alle stampe Simultaneità e chimismi lirici, che contiene versi notevoli:

“Non c’è più tempo
Lo spazio
È un verme crepuscolare che si raggricchia in una goccia di fosforo:
Ogni cosa è presente”  (Arcobaleno);

“Si cammina sulle immondizie,
Sui gatti assassinati
E i capelli,
Accanto alle porte inchiodate dei bordelli” (Firenze)

“On a trop répété cette parole: Je t’aime,
In tutte le lingue;
Queste centinaia di libri in fila
Ripugnano come cadaveri di vecchi amici;
Il solo Stendhal si può leggere ancora
Nella poltrona a fioroni, tra il tè e la macedonia.” (Atelier).

La sua è una posizione di intermediazione tra la rottura futurista di un Marinetti e la tradizione di certi vociani.

Anche in pittura Soffici trae spunti dalle tendenze in voga a Parigi e le propone al provinciale pubblico fiorentino. Non è un genio, come credeva di essere ma ha il tocco felice. Belli sono certi paesaggi in cui il colore è scabro, con la materia pittorica quasi gettata e poi grattata dalla tela o altri, al contrario dove il colore s’infiamma.

Dopo la stagione di Lacerba Soffici farà scelte politiche che lo porteranno ad aderire al Fascismo e scelte artistiche sempre più di retroguardia. Se la produzione lirica è ormai priva di ogni interesse (“squallidi documenti”, secondo Sanguineti), forse si salva quella pittorica, con alcune opere degli anni Venti e Trenta ancora di un certo livello. Ma gli anni fino alla Grande Guerra sono stati, per Soffici, begli anni, che la critica posteriore ha giudicato un po’ troppo severamente.

La potatura - 1907


Tramonto a Poggio a Caiano - 1925

venerdì 5 dicembre 2014

NIGHTCRAWLER

LO SCIACALLO - NIGHTCRAWLER
DAN GILROY - 2014


Lou Bloom è un personaggio da mettere accanto a Travis Bickle di Taxi Driver, ben sopra a James Ballard di Crash. Il notturno Nightcrawler è da mettere accanto ad altri film notturni come Collateral e Drive. Siamo insomma a livelli molto alti. Il per me antipatico Gyllenhaal qui si supera e aderisce superlativamente al viscido – a dir poco –  protagonista. Lou Bloom non solo è viscido ma è anche più glaciale di Stéphane di Un coeur en hiver e inappuntabilmente razionale. Una razionalità che l’attore riesce a declinare verso l’insanità e la disfunzionalità.
   
Il regista Dan Gilroy, è sì al primo film ma ha alle spalle una discreta esperienza come sceneggiatore e questo è ben evidente da come abbia lavorato sul personaggio principale. Nightcrawler è innanzi tutto un character movie, in cui Gyllenhaal è presente dalla prima all’ultima inquadratura e praticamente ‘fa’ il film.

C’è una storia, ovvio, e c’è un messaggio ma quest’ultimo, in particolare, è abbastanza scontato: il cinismo dei media e la legge dell’audience conditi con l’assenza di principi etici e deontologici. Ma questo lo accettiamo tranquillamente di fronte al lungo momento clou del film, diviso in due parti, la villa e il ristorante con l’appendice dell’inseguimento.

Altro punto di forza del film è la fotografia, diretta dall’esperto Robert Elswit, oscar per There Will Be Blood. Qui è una Los Angeles dalle mille luci e dai mille schermi che nelle immagini dei titoli di testa rimanda alle visioni notturne di Edward Hopper, ben sottolineate dalla musica di James Newton Howard. Che dire di più quando un film è ben scritto, ber girato, ottimamente interpretato e che riesce a tenere incollati davanti allo schermo?


Per la cronaca, Nightcrawler in inglese significa ‘colui che di notte si insinua’, ‘qualcosa di strisciante che di notte, silenziosamente, penetra in un ambiente’.  Qualcosa di più di uno sciacallo, come è stato tradotto in italiano.