CLINT EASTWOOD - 2010
Il film si divide in due parti, quella dei destini paralleli e il finale con i destini incrociati e qui sorge un interrogativo: cos’è che fa incontrare i tre protagonisti che vivono a Parigi, a Londra, in California? La ‘luccicanza’, forse? O l’intervento di un angelo custode? Magari il comune contatto con la morte? Ma chi non ha avuto un contatto con la morte? In un film basato sui fenomeni paranormali è forse fuori luogo porsi troppe domande. Meglio analizzare le scelte tecniche del regista. Per trattare una materia così eterea Eastwood sceglie un registro basato sui ‘tempi medi’ realistici (né dilatati o lenti né frenetici o veloci). Il tempo di ripresa è esplicitante, ci mostra con chiarezza tutto quello che ci deve mostrare. In questa durata di svolgimento molto razionale, il tema narrato è invece antirealistico, irrazionale. Questa antitesi tra forma e contenuto suscita qualche riserva, specie dopo le due bellissime scene, quella dello tsunami, in cui la catastrofe è ripresa con il tempo medio e ponderato carico di tensione; quella dell’incidente, episodio di sapiente realismo emozionante pienamente in linea con la poetica di Dickens, e lo scrittore inglese è il quarto protagonista del film.
In particolare è una certa forzatura nel dipanarsi delle storie verso il finale che lascia un senso di perplessità, subito fugato dall’impressione indelebile che lasciano alcuni episodi del film che confermano, ancora una volta, il livello espressivo raggiunto dal regista.