cinema

venerdì 24 gennaio 2014

GIORNO DELLA MEMORIA

ARTE E SHOAH


Fritz Hirschberger, Indifference


Indifference


Fear not your enemies,
for they can only kill you.

Fear not your friends,
for they can only betray you.

Fear only the indifferent,
who permit the killers and

betrayers to walk safely on earth.







Indifferenza

Non aver paura dei tuoi nemici,
possono solo ucciderti.

Non aver paura dei tuoi amici,
possono soltanto tradirti

temi solo chi è indifferente
perché è l’indifferenza che permette
all’assassino e al traditore
di camminare tranquilli sulla terra.

Poesia di Edward Yashinski, poeta yiddish polacco, sopravvissuto alla Shoah.


Fritz Hirschberger, Hypocritical Oath

Fritz Hirschberger, The Concordat


I dipinti di Hirschberger fanno parte della serie Sur-Rational Paintings dei primi anni Novanta con cui il pittore ebreo tedesco, anch'egli sopravvissuto all'olocausto, propone un'interpretazione politica e poetica della terribile esperienza vissuta. I colori accesi, la linea da cartoon, l'infantilismo emozionato stridono con l'atrocità del tema e con la forza del messaggio che è insieme atto d'accusa e testimonianza.

“The contents of these paintings represent the views of a survivor artist and his response to the Holocaust. The majority of the paintings are based on my personal experience or an historical fact. The paintings ask questions, but give no answers.”                                                        
                                                                        Fritz Hirschberger


martedì 21 gennaio 2014

VLADIMIR NABOKOV

SPEAK, MEMORY / PARLA, MEMORIA
VLADIMIR NABOKOV - 1951


Nabokov e le farfalle


“Se mi guardo indietro, le immagini appaiono nel disco luminoso della 

memoria come altrettante proiezioni di una lanterna magica”


Di fronte al suo tempo perduto Nabokov sceglie di osservarlo attraverso la lente della Recherche. È questa l’aria che si respira tra le righe del bellissimo Speak, memory, il libro di memorie che, pur prendendo come modello il capolavoro proustiano, da esso se ne allontana grazie a scarti ironici, nostalgici, colti ma mai inclini all’estetismo tardo decadente che impregna le pagine della Recherche.

Nabokov depone sui propri ricordi una velatura trasparente di doratura rosata che sembra trasportare il mondo evocato in un eden sfumato. Ma è solo un’impressione perché in realtà, in questo ritorno al passato egli procede con la chiara perfezione di un chirurgo. O meglio, con la decisa esattezza di un entomologo intento a dissezionare un qualche esemplare di esperia.

Diradata la prima nebbiolina la memoria mette a fuoco e inizia a parlare. La parola, scelta con lucida cura, come sempre in Nabokov, è docile ed utilizzata con proprietà scientifica. Tutto si impressiona sulla retina e gli ambienti prendono vita come in una wunderkammer. Il lettore, lasciandosi condurre dalla mano dello scrittore rivive, nella profondità della camera oscura, il momento del “passato attuale” così come ciò che vi è dietro e il punto di vista futuro del narratore.

Questo continuo elastico temporale è tenuto sotto stretto controllo con una levità e una gamma coloristica proprie delle farfalle più belle.

Plebejus samuelis Nabokovi, classificata da Vladimir nel 1944

“I see the awakening of consciousness as a series of spaced flashes, with the intervals between them gradually diminishing until bright blocks of perception are formed, affording memory and a slippery hold.”

“I have rewritten — often several times — every word I have ever published. My pencils outlast their erasers.” 

“I see again my schoolroom in Vyra, the blue roses of the wallpaper, the open window.… Everything is as it should be, nothing will ever change, nobody will ever die.” 

“a person hoping to become a poet must have the capacity of thinking of several things at a time.” 

“One is always at home in one's past...” 

giovedì 16 gennaio 2014

THE POP GROUP

INTORNO A MARK STEWART 




1976 – 1979, periodo d’oro per la musica popolare. I Pistols danno lo scossone dall’interno del sistema, utilizzando i veicoli della TV di massa e dell’antifashion che diventerà immediatamente trendfashion. Il dado ormai è tratto, e va considerato che nei Pistols oltre a Sid c’era anche Johnny e quindi Pil.

Più credibili i Clash che dopo l’urto frontale di 1977 si metteranno a studiare  (“I  practised daily in my room…”) e si impongono quale secondo vertice di quello si sta configurando come un poligono musicale.  
Intanto la colonie caraibiche contaminano con le loro radici musicali l’incazzatura bianca inglese post-industriale ed ecco gli Specials.

Dall’altra parte dell’Atlantico ai Ramones si affiancano il funky intellettuale dei Talking Heads e la no-wave di James White. La scena newyorkese disegna il quarto vertice.

Mancano ancora alcuni elementi. Il post-punk dei Joy Division è uno di questi. Gli altri sono l’industrial noise dei Throbbing Gristle e delle band di Sheffield infine, last but not least, ecco le perfette simmetrie pop di Gang of Four e, soprattutto, di Partridge e Moulding.

Bene, la cornice è questa. Ma chi assembla tutto per dare origine al vero manifesto – incompreso – di quegli anni è un gruppo di Bristol. Nel 1979 esce Y, la summa della musica contemporanea popolare. Loro sono The Pop Group, chi altri? Ora possono iniziare gli anni Ottanta.

Aprile 1977 The Clash

Ottobre 1977 Never Mind The Bollocks

Aprile 1979  No New York

Aprile 1979 Y

Giugno 1979 Unknown Pleasure

Agosto 1979 Drums & Wire

Ottobre 1979 The Specials

Dicembre 1979 20 Jazz Funk Greats

Dicembre 1979 London Calling

Ottobre 1980 Remain In Lights



Colin Moulding e Andy Partridge, XTC
  

Throbbing Gristle
Brian Eno e James White Chance - No New York


sabato 4 gennaio 2014

BEST ALBUMS 2013

2013 - UN ANNO IN MUSICA

Colin Stetson
Un anno di ascolti. Ecco gli album per me più belli del 2013.
Su tutti il virtuosismo e la profondità di Colin Stetson con To See More Light.

Inclassificabile il disco che proviene dalla Danimarca. Sotto il nome di Frisk Frugt si cela un musicista eccezionale, Anders Lauge Meldgaard. La suite Dansktoppen Møder Burkina Faso è una sorpresa eccitante.


Anders Lauge Meldgaard AKA Frisk Frugt

Altro virtuoso è il pianista tedesco Nils Frahm. Spaces è un live che lascia stupefatti. Tutto da solo on stage, la sua musica fonde Keith Jarrett, George Winston e Steve Reich.


Questi tre album sono nettamente superiori a tutti gli altri ascoltati nel 2013. Anno in cui sono usciti numerosi dischi da segnalare. Quello che ho ascoltato di più è stato Tooth & Nail dell’amato Billy Bragg. Non bellissimo ma Billy è una mia fissazione. Buono il secondo di James Blake con cui il ragazzo riesce a definire uno stile  e al tempo stesso cerca di andare oltre. Molto bello Everything We Hold dell’ensemble jazzistico Kairos 4tet. Un jazz morbido che si apre al folk e al pop. Piacevolissimo. Lodevole Maison des Jeunes presentato dal progetto Africa Express, dietro al quale ci sono musicisti come Damon Albarn e Brian Eno. Artisti del Mali hanno registrato a Bamako questo disco dopo la fine della guerra che ha sconvolto il nord del paese. Restando in Africa, impossibile non ricordare la freschezza del debutto della band John Wizards. Infine, seguendo la linea post punk americano-Libertines, mi sono piaciuti molto i Fat White Family, anche loro al debutto con Champagne Holocaust. 





Sulla scia del film Searching For Sugar Man, molto ascoltati i due album di Sixto Rodriguez e dopo la morte di Lou Reed ho riapprezzato la grandezza di Velvet&Nico (con John Cale) ma anche di Loaded (senza John).

Billy Bragg e Sixto Rodriguez

venerdì 3 gennaio 2014

DOSSO DOSSI

GIOVE DIPINGE FARFALLE - 1524
CRACOVIA, CASTELLO REALE  DEL WAWEL




Grandi progetti per il duca Alfonso I d’Este. Figura paradigmatica del Rinascimento cortese italiano, Alfonso amava le arti, commissionava opere ai migliori artisti del suo tempo ed egli stesso si dilettava con tavolozza e pennelli. Come si confaceva ad ogni principe ideale il duca era anche un valente uomo d’armi ed aveva dato un efficace impulso all’artiglieria quale punto di forza delle milizie estensi, milizie che erano temute finanche dai maggiori potenti come Venezia e Francia. E proprio un grosso proiettile sferico con tre fiamme, la così detta granata estense, era l’emblema di Alfonso.

Nel 1513 il Duca dà il via ai lavori per la realizzazione di un giardino delle delizie in un’isoletta sul Po a due passi dalla città. La bella gente ferrarese e gli ospiti forestieri potevano dilettarsi tra quinte di verzura, animali in libertà, padiglioni affrescati ed edifici ornati di arazzi, tele, sculture. Nelle calde serate estive, tra le brezze e le fronde degli alberi, spettacoli teatrali, musiche, giochi galanti di società appagavano la voglia di svago dell’élite cittadina e tra di essa Alfonso primeggiava ammirato e riverito.

Tra gli artisti coinvolti nel progetto del Belvedere sull’isola di Boschetto spicca il grandissimo Dosso Dossi. È suo il quadro più sorprendente legato alla ‘fabricha del boscheto’. Dosso, assistito da uno dei molti umanisti di corte, trova il tema confacente all’intento programmatico di Alfonso in un dialogo latino di Leon Battista Alberti. Ed ecco sulla tela Giove-Alfonso, con le gambe accavallate, deposto il fulmine sulle nuvole, tranquillamente impegnato a dipingere farfalle. Alle sue spalle Mercurio, con l’indice al naso, fa l’eloquente gesto di non disturbare, rivolgendosi alla Virtù che vorrebbe conferire con il sommo Dio.


Con questa tela incredibile Alfonso, nei panni di Giove, lancia un chiaro messaggio. Quando il Duca si diverte in futilità, in questo caso dipingere farfalle, anche la Virtù può aspettare. È l’elogio dell’ozio, tradotto impeccabilmente nella tela del Dosso.

Dosso Dossi, Alfonso I d'Este - 1530 ca.

mercoledì 1 gennaio 2014

FRIEDRIC DÜRRENMATT / ETTORE SCOLA

LA PANNE – 1956 
LA SERATA PIÙ BELLA DELLA MIA VITA – 1972


Ettore Scola pesca un racconto di Friedrich Dürrenmatt e lo fa aderire alle esuberanze di Alberto Sordi il quale non fatica certo a conferire al personaggio le ‘tipiche italianità’. Anzi, l’attore non fa che recitare se stesso e Scola lascia fare, accettando il rischio di far deragliare la perfetta costruzione drammaturgica di Dürrenmatt.

La distanza tra i due testi è grande, ontologica, se è permesso usare il termine in questo contesto. Innanzi tutto il film di Scola è una commedia mentre il testo di Dürrenmatt ha implicazioni ben più profonde. Il racconto La panne è una riflessione sulla scrittura e se esistono ancora storie degne di essere raccontate da uno scrittore, come, per citare l’autore,  “il palesarsi di giudizi e di giustizia, forse anche di pietà, capitata per caso, riflessa nel monocolo di un ubriaco”.

Nel racconto il plot si svolge sì attorno al rappresentante di tessuti ma il nucleo tematico è rappresentato dalla ‘corte’ e dal tema, ricorrente nella produzione dell’autore svizzero, della giustizia, come appena ricordato. In questo caso una giustizia che travalica le norme codificate e che si erge a moloch inappellabile e supremo se pur circonfuso di apparente e innocua bonarietà senile.

Scola abbassa la materia drammatica – tragica – del racconto ed allestisce un varietà in cui la corte è composta da animatori turistici travestiti da giudici; in sostanza,  delle macchiette. Il carattere del film è tutto italiano  e ciò non deve essere visto come fattore di demerito, purtroppo però tutto viene ridotto ai luoghi comuni più logori e scontati. Il testo di Dürrenmatt ne risulta in tal modo tradito.

Oltre a questo tradimento, il film appare impregnato di moralismo cattolico alquanto superficiale. Il protagonista è l’italiano Alfredo Rossi (ma guarda un po’!) che imbocca la via del peccato facendosi sedurre dalla bella Janet Agren. La donna è l’esca che lo porterà alla perdizione. Seguendo la misteriosa motociclista Rossi giungerà al castello dopo una fatale ed inesplicabile panne della Maserati; la visione della nudità femminile lo farà restare; infine, sarà di nuovo l’apparizione della donna a chiudere il gioco.


In Scola l’esecuzione della sentenza è assimilabile ad un apologo catechistico con i suoi semplicistici simbolismi quando in Dürrenmatt la vicenda viene conclusa con un intimo atto di coscienza, molto più in linea con un certo spirito luterano che l’ambiente suggerisce.