giovedì 7 luglio 2011
venerdì 1 luglio 2011
CARMELO BENE
SONO APPARSO ALLA MADONNA
CARMELO BENE - 1983
Sulla soglia di un viaggio, nell’ ”ironia geografica del viaggio”, si va a sud del Sud, verso la “culla delle storie estromesse”, nel Salento del maestro, dell’ “anti-interprete, il non dicitore per eccellenza”, di colui che affermava “Io sono il delirio”.
CARMELO BENE - 1983
Il corso di storia e critica del cinema, docente Roberto Tessari, era sul cinema di Carmelo Bene. Visioni e visioni di seduttori e seduttrici, infedeli e madonne, il sud del profondo sud.
Gli 800 martiri di Otranto, da cui, il cielo spazzato dal grecale, rosee le vette dell’Epiro.
Tra una visione e l’altra, Kirkegaard e Barbey d’Aurevilly, si percorrevano i lungarni in gruppo, verso i bar, gli ascolti: Peter Murphy, Stan Ridgway. Io mi ostinavo su but without all these things I can do / but without your love I won’t make it through.
E la notte di quel luglio a Bologna, tra la folla misticamente inconsapevole, anch’io. Pure a me stava apparendo la Madonna, tra I merli della torre, la voce che vaneggiava una lectura dantis.
Inconsapevole del miracolo, allora. miracolato ora, ad anni di distanza, ora che riesco a sentirlo sulla pelle, oltre la pelle, dentro. Il miracolo.
Miracolo in primis della lingua, del linguaggio. “Linguaggio graziato, non mediato dal pensiero: Ulysses e le Finnegan’s wake”. Oggi è più facile scoprirlo maestro, grande maestro, di quelli a cui si addice l’affermazione nicciana i grandi maestri son coloro che non sanno dove andare. Maestro implica un discepolo e quindi un insegnamento anche se “È di per sé un delitto insegnare. Se poi materia è la storia, è due volte un delitto” e subito, seguendo il maestro, a leggere Erodiano…
Ci sono gli incontri, e non solo con testi e autori, con persone e personaggi.
Pasolini, di cui si salva solo Salò-Sade. Ed è assurdo lo scarto che corre oggi, nell’italica considerazione, tra l’intoccabile divinità Pasolini e il già dimenticato Bene. No, non è assurdo, è comprensibilissimo. Il moralismo contraddittorio di Pasolini è consono al frequentatore italiano di cultura ma anche all’italiano non frequentatore.
Montale, clamorosamente ridimensionato, anzi, distrutto. Lui e la sua “poesia cartolinata, il suo tentar poesia del tempo libero” e a seguire, con lingua sublime, ciò che è la poesia e che invece quella di Montale non è: “ Poesia è distacco, lontananza, assenza, separtatezza, malatia, delirio, suono e, soprattutto, urgenza, vita sofferenza. È flusso dell’insofferenza d’esserci. È risuonar del dire oltre il concetto. È l’abisso che scinde orale e scritto.
E gli affini Dalì, Lacan, Flaiano, Eduardo De Filippo, il tenore Di Stefano, Klossowski, Deleuze…
E le donne, i corpi femminili. “Fintato un qualche brindisi d’accatto, m’inventò quella sorte al claustro albergo, solo, ma in compagnia di sette figlie non so di dove apparse. Eh sì, che, come è dato a tutti i corpi prostrati, scoccata l’ultim’ora della veglia, lo sfinimento è tocco piano piano da uno strano solletico in che, gratuita, s’illude riaccendendosi la vita, tanto più se assonnata”. Grande scrittore, da porsi tra i sommi del Novecento accanto a Longhi e Gadda, nell’indifferenza più assoluta.
I virgolettati sono tratti da Sono apparso alla Madonna, Longanesi, 1983
S.A.D.E., 1976. Foto di Antonio Sferlazzo |
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