Q - 1999
ALTAI - 2009
Bisogna
partire da Il nome della Rosa e dal palinsesto di romanzo storico come
allegoria della contemporaneità. Ma le radici attingono linfa dalle avanguardie
del Novecento, fino al situazionismo e al post-modernismo degli anni Ottanta. Q
è il vero romanzo epocale/generazionale il quale, uscito nel 1999, riassume
l’altercultura dell’intero decennio. Possiamo dire che Q è l’unico prodotto
narrativo italiano ad essere global, pur muovendo da una visione del mondo che
si sarebbe formata in parallelo con il movimento no-global che in quell’anno, a
Seattle, acquisiva visibilità internazionale. Q, definito un historical
thriller dalla stampa anglosassone è un manifesto comunista ed un gran bel
graphic novel senza grafica. Q è un fumettone dal punto di vista concettuale e
linguistico. Concettuale perché a parte i corsi universitari di semiotica e di
storia moderna, la base culturale degli autori è quella dei comics; linguistico
perché la struttura sintattica che caratterizza il romanzo è quella tipica del
fumetto, dominata dall’asindeto. Esplicativo è l’incipit:
“Sulla prima pagina è
scritto: nell’affresco sono una delle figure di sfondo. La
grafia meticolosa, senza sbavature, minuta. Nomi, date, luoghi, riflessioni. Il
taccuino degli ultimi giorni convulsi”.
Questa
tecnica è la vera cifra del romanzo. Grazie all’uso di frasi minime, semplici, spesso
nominali, il ritmo risulta incalzante e la materia trattata, potenzialmente
complessa, ne risulta abbassata ad un livello di fruizione immediata,
decisamente pop. Più elaborato è lo sviluppo dell’intreccio che non segue una
linea cronologica ma i fatti vengono narrati, soprattutto nella prima parte,
con uso di prolessi e analessi.
Il
romanzo tiene, e bene, nelle prime due parti, con un culmine nelle vicende di
Munster, anche se narrativamente la caratterizzazione fisica di colui che poi
si confermerà essere l’alter ego del protagonista è forse un errore, che ne svela
subito, all’entrata in scena, l’identità. Ma non importa, fino a Munster Q è
perfetto. Nella terza parte il congegno si sfilaccia e le vicende
alto-adriatiche, più vicine biograficamente agli autori, perdono attrattiva,
facendo svanire il paragone con illustri modelli quali Eco, Salgari e Dumas.
Comunque Q resta il migliore romanzo italiano degli ultimi venti anni. Stesso
discorso non vale per Altai, il seguito di Q. Gert dal Pozzo diventa uno pseudo
maomettano ritagliato sulla figura di Sean Connery e il plot, questa volta
narrato secondo una rigorosa scansione cronologica, vira decisamente verso le
atmosfere di Anne e Serge Golon e della loro Angelica la Marchesa degli Angeli.
Anche linguisticamente, nonostante lo sforzo di
plurilinguismo, il risultato è debole e quelli che dovrebbero essere
colpi di scena sono in realtà esiti prevedibili. Pur con questi limiti la
lettura di Altai è piacevole e poco impegnativa. Puro intrattenimento, come un
fumettone o un film di Angelica, appunto.