1997 - 2013
Certi
fenomeni di intrippamento globale sono difficili da comprendere. Non si spiega l’aura che emana il duo
parigino dei Daft Punk: battage e lancio da superstar, critici in estasi, isteria
dei consumatori, impazzimento collettivo. Se guardiamo con un certo distacco,
ci accorgiamo che i Daft Punk sono ben poca cosa. Quattro album in studio tra il 1997 e il
2013, nessuno dei quali memorabile. Noiosissimo il singolo che li ha lanciati,
Da Funk, una techno dance che sfrutta inserimenti stranianti, voci, rumori,
abbassamenti di volume, soliti trucchetti comunissimi nella musica d’avanguardia
degli anni Settanta. Ma il primo album fa il botto e lancia un altro
personaggio iperoverrated, il regista Gondry, autore del celebratissimo video
di Around the world. Nel 2001 esce Discovery che contiene le uniche cose degne
di nota dell’intera produzione del duo. Si tratta dei singoli One more time e
Digital love. Due bei pezzi ma non certo da far ascendere l’album a disco del
decennio (vedi Onda Rock!). Il passaggio successivo è un saltare il giro perché
Human after all non lascia traccia. Così si giunge a RAM di quest’anno. Evento musicale
e mediatico, il disco non è altro che della datatissima dance che ripropone
quello che facevano sul finire degli anni Settanta due musicisti come Nile
Rodgers e Giorgio Moroder. Ovviamente va detto che gli originali sono di gran
lunga migliori delle copie intellettualizzate dei Daft Punk. Già che c’erano
potevano recuperare anche Michael Cretu in fusion con i Delegation, ma per il
musicista rumeno aspettiamo il prossimo album.
Su Nile
Rodgers però bisognerà tornarci.