IL TRENO DELLA NOTTE - 1959
Bianco e
nero, camera che dall’alto riprende gente in movimento in una stazione. Scorrono
i titoli di testa e parte il jazz della colonna sonora. Non è un film francese
di Louis Malle, siamo in Polonia alla fine degli anni Cinquanta e il regista Jerzy
Kawalerowicz ci lascia letteralmente a bocca aperta per la bravura con cui
dirige questo classico del cinema polacco. È soprattutto il suo modo di usare
la macchina da presa che colpisce. A parte qualche angolatura eccentrica, il
registra riprende le scene entro limiti strettissimi di movimento.
Quasi tutto
il film è girato negli angusti e affollati spazi del corridoio di un treno o
negli scompartimenti. Questi ambienti di ridotte dimensioni vengono ampliati da
punti di fuga quali finestrini, specchi o porte di altri scompartimenti che,
aprendosi, guidano lo sguardo, oltre i passeggeri, entro nuove quinte. In queste
scene la macchina da presa è un occhio, posto ad altezza umana. Un occhio
curioso, che sbircia, che scruta le facce, che entra nell’intimità degli altri,
oltre le porte socchiuse. Fino all’espediente estremo in cui la macchina da
presa coincide con lo specchio al quale la protagonista si avvicina per
togliersi un bruscolo dall’occhio.
Anche se è
quella che fa la differenza, non c’è solo tecnica di ripresa in Pociag. C’è
anche una storia, forse un po’ scontata ed infatti, più del plot narrativo, è interessante
l’ambiente relazionale che il film crea. Come in Stagecoach, il viaggio in treno
accosta una serie di personaggi, di figure, che nel corso delle ore assumono
ruoli precisi, paradigmatici. Il viaggio e la condivisione dell’avventura
notturna costruiscono una comunità, destinata a sciogliersi con l’arrivo alla
meta, sulle rive del Baltico.
Tutto in
questo film è elegante. Fotografia, colonna sonora, gli attori e, naturalmente,
la regia, che elude coraggiosamente ogni riferimento ai temi sociali e
progressivi cari al cinema d’Oltrecortina. Il facile accostamento a Hitchcock,
proposto dalla critica, mi sembra limitato alla circostanza degli ‘sconosciuti
in treno’. Del resto, la famosa scuola nazionale di cinema di Lodz, a pochi
anni dalla fondazione, costituiva già una delle più importanti officine
culturali, non solo della Polonia, ma dell’intera Europa.
lo vedo fra pochissimo, intanto ho visto da poco "Madre Giovanna degli angeli"
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