CE QUI FUT SANS LUMIÈRE - 1987
Il primo incontro con Yves
Bonnefoy è legato ai suoi saggi critici su Rimbaud. La curiosità, sempre buona
maestra, ha poi spinto verso la sua produzione poetica. E così si sono fatti
apprezzare Movimento e immobilità di
Douve e in special modo Nell’insidia
della soglia. Ma nel complesso Bonnefoy è rimasto in un’area di
apprezzamento non invogliante alle letture ripetute, come avviene invece per
quei poeti che riescono a penetrare nella carne viva. Considerato come il poeta
francese più importante del secondo Novecento, Bonnefoy era ancora
prevalentemente legato al nome di Rimbaud.
Dopo molti anni, su una
bancarella, praticamente intonso, a parte una firma illeggibile e un Pisa, 7
luglio 2001 scritti in blu a pagina cinque, si faceva notare Quel che fu senza luce. Da comprare
senza esitazione.
Ce qui fut sans lumière è una raccolta
suddivisa in cinque sezioni, quasi come fossero cinque stagioni. Il tempo, la
sua manifestazione nel momento e nello spazio sono le classiche coordinate che
strutturano la griglia sulla quale si avviluppano i vari temi. Alcuni circostanziati,
come il progetto di ristrutturazione di una casa nel Sud della Francia; altri
più eterei come il senso della parola e il suo divenire poesia.
Il vocabolario della
raccolta è ridotto ad alcune aree semantiche che fanno riferimento ai quattro
elementi fondamentali. Molti infatti i termini legati a terra, acqua, fuoco,
aria con le relative estensioni. Per fare due esempi: fiamma, brace, bruciare,
cenere per fuoco; fiume, rugiada, pioggia, pozzanghera, neve per acqua.
In parallelo si svolgono i
temi del sonno/sogno/ricordo che rimandano ad un’altra dimensione, quella quinta
stagione che trascende il ciclo annuale delle quattro canoniche e il tema della
poesia che spesso viene assimilata alla luce e all’infanzia (lumière e enfant sono in questo caso le parole-chiave che si legano a mot, poesie, chant). In rilievo pure il
filone simbolico, sempre declinato secondo le linee spazio-temporali, di maison-barque-temps-vie-chemin..
Su questo tessuto fatto di
termini semplici ma pregnanti, pochi e fugaci i riferimenti artistico-letterari
sottolineati dal poeta: John Donne, Racine e con maggior consistenza, i pittori
Claude Lorrain e Constable. Si colgono anche luminescenze che rinviano a Rilke,
Celan, Baudelaire e Rimbaud.
Una raccolta compatta, nella
quale Bonnefoy cerca di restringere il campo lessicale a una rosa di parole (mots) che vengono caricate di senso,
così da acquisire una profondità mitica sia riferita al vissuto del poeta sia
avente valenza universale. Una poesia che cerca quindi di concentrarsi sulla
parola e sulla possibilità di illuminare cose (choses) sepolte nel buio.
Veduta di Valsaintes, foto di Yves Bonnefoy - 1964 |
Bell’analisi, Eustaki. Bonnefoy è un poeta che sto imparando a conoscere negli ultimi tempi. Mi colpisce soprattutto la sua consapevolezza della fragilità e insieme della potenza magica della parola umana. Un caro saluto.
RispondiEliminaciao ettore, buona lettura
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