cinema

martedì 30 agosto 2011

JUSTIN VERNON / BON IVER

BON IVER, BON IVER - 2011


Ecco finalmente un bel disco. Justin Vernon, da Eau Claire, Wisconsin. Classe 1981, con il secondo album, dopo una carriera eclettica che dall’indiefolk lo porta alle grandi platee di Kanye West e alla saga Twilight, fa il botto.
Bon Iver, Bon Iver ha infatti tutti gli ingredienti per durare e costituire quindi uno dei momenti musicali migliori di questo finora deludente 2011. E gli ingredienti sono l’ispirazione ma anche la cura puntigliosa di realizzazione, un bell’organico di strumentisti affiatati, sicurezza compositiva e una notevole originalità dei testi. C’è poi la voce, vero atou che se può creare qualche perplessità è comunque un vero e proprio strumento sul quale Vernon ha lavorato molto. Ci sono dei momenti deboli – l’ultima track, un banal pop sintetico anni Ottanta che poteva essere tagliato – ma nel complesso il disco tiene molto bene. Si tratta di una serie di composizioni che vanno a costituire una geografia interiore fatta di luoghi reali e immaginari , di spazi onirici e della memoria tenuti insieme dalla voce di Justin, duttilissima, quasi un baritono in falsetto che sa variare timbro ed intensità restando sempre all’interno di linee melodiche piane e misurate e al tempo stesso originali.
Nonostante l’attenzione maniacale al risultato, non si ha mai l’impressione che Vernon voglia strafare, tutto suona molto naturale e queste sono l’eleganza e la maestria del talentuoso che non deve per forza esibirsi in mirabilia e momorabilia a tutti i costi. La complessità di composizione dei brani è quasi mascherata, come per esempio nel primo distico di Perth/Minnesota,WI la marcia con sovraincisioni noise sporche scivola per mezzo di  un interludio molto pulito in un cantato basso e profondo piuttosto articolato che si innalza in un falsetto a mettere in risalto le doti di Vernon il quale, dopo questo saliscendi vocale si impone non quale virtuoso cantante ma come compositore e musicista: una bella soddisfazione! Insomma siamo oltre Antony.
Nessuna delle otto tracce del disco ha una struttura tradizionale, più che canzoni sono episodi di una lunga suite ma l’impressione che lascia l’ascolto non è ciò che si prova di fronte all’intellettualismo sperimentale, tutt’altro, siamo in presenza di canzoni con una melodia che si lascia fischiettare se non proprio cantare, visto l’articolazione della versificazione. Innovazione nella tradizione si potrebbe dire. Ho parlato di otto tracce che in realtà sono dieci ma il distico finale, (un’intro strumentale, Lisbon e la conclusiva Beth/Rest) è quasi un’appendice extra album che  non si amalgama a quello che invece è un bell’esempio di coerenza stilistica.
Bon Iver, dal Midwest, qusi un opensource musicale coordinato da Justin Vernon, ci lascia molto soddisfatti.


lunedì 29 agosto 2011

DANTE ALIGHIERI


PURGATORIO
DANTE ALIGHIERI
MS Holkham 48, Oxford Univ. Purgatorio Canto XI

Sono pochissimi i testi che torno a frequentare regolarmente e la cui lettura e rilettura è sempre prodiga di piacere e appagamento, tra questi la Commedia dantesca. Si apre il testo, si scorrono i versi e ci si sente confortati ed ogni volta sorpresi e illuminati.

Così è stato ancora una volta con il Purgatorio. Dante ha appena vissuto l’esperienza formativa dell’Inferno ed è pronto per affrontare la tappa del viaggio ultramondano che più lo coinvolge umanamente. La salita, tra le varie funzioni, assume quella di itinerario interiore durante il quale, grazie ai vari personaggi, Dante avrà modo di riflettere su se stesso e sulle proprie colpe. Ma il Purgatorio è anche una trattazione narrativa di questioni poetico-letterarie.

Lo spunto per affrontare questo tema è dato dai vari ‘intellettuali’ che Dante incontra, specchi davanti ai quali l’autore/protagonista vede se stesso nel profondo più che in figura. La rappresentazione di sé nell’altro permette, in tal modo, il confronto, la riflessione, il giudizio in maniera da pervenire alla correzione dei comportamenti errati, rappresentati dai vari interlocutori/exempla e consente, allo stesso tempo, di sviluppare un’argomentazione teorica sull’arte in genere e sulla letteratura in modo specifico.


Bibbia miniata da Oderisi,
Biblioteca Apostolica Vaticana

  Molti quindi i ‘colleghi’ incontrati dal    poeta Dante. Dopo il trovatore Sordello, nella prima cornice, quella dei superbi, che particolarmente coinvolge e preoccupa Dante, appare Oderisi da Gubbio, le cui parole ogni volta toccano il cuore (è questo canto XI uno dei miei preferiti della Commedia). Dante è pienamente consapevole di avere egli stesso «il grido», di averlo tolto «all’uno e all’altro Giudo», come afferma Oderisi, il quale, ad evitare di incorrere nel peccato di superbia, ricorda:




Non è il mondan romore altro ch’un fiato
di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perché muta lato.

Che voce avrai tu più, se vecchia scindi
da te la carne, che se fossi morto
anzi che tu lasciassi il ’pappo’ e ’l ’dindi’,

pria che passin mill’anni? ch’è più corto
spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia
al cerchio che più tardi in cielo è torto. 

(XI, vv 100-108)

                                                                                
Tra i golosi il poeta Bonagiunta, parlando di nove rime e citando ‘Donne che avete intelletto d’amore’, offre l’occasione per una dichiarazione di poetica. Alle parole del lucchese Dante risponde:


I’ mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch’e’ ditta dentro vo significando.

(XXIV, vv 52-54)


Le «nove rime» a cui fa riferimento Bonagiunta segnano, consapevolmente, una rottura rispetto alla poesia precedente che Dante non tralascia di sottolineare.

Il discorso sulla letteratura prosegue nella cornice dei lussuriosi tra i quali si trovano due grandi poeti, Guinizzelli e Arnaut. Incontrandoli Dante può esprimere giudizi letterari che sono vere e proprie sentenze: è grazie a Guinizzelli che è stato possibile il rinnovamento poetico nella volgar lingua e i suoi detti dureranno «quanto durerà l’uso moderno»; Arnaut, «il miglior fabbro», è superiore a Girault tra i trovatori; Guittone non vale il pregio a lui accordato «di grido in grido» (XXVI, vv 111-126).


Dante è pronto per il rito edenico. Non c’è più Virgilio al suo fianco. La figura-Beatrice apparirà al centro di una sacra rappresentazione intessuta di riferimenti scritturali e simbolici. L’espiazione è avvenuta come pure l’argomentazione di teoria letteraria. Si può ascendere all’ultima cantica e cantare ciò che nessuno aveva mai cantato.


Se avessi più lungo spazio da scrivere
i’ pur direi mill’altri aspetti di quel
secondo regno dove l’umano spirito si purga
ma perché piene son tutte le carte
non mi lascia più ir il frame del post.

La porta del Purgatorio, miniatura XIV sec.