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lunedì 13 aprile 2015

RAND PAUL

PRESIDENZIALI USA - 2016
RAND PAUL


Il 7 aprile Rand Paul ha ufficialmente dichiarato la sua candidatura per le Presidenziali USA del 2016. Lo ha fatto dal Galt House Hotel di Louisville, in Kentucky. I nomi, in questa storia, sono importanti e forse non del tutto casuali. Rand richiama subito alla mente Ayn Rand, la leader dell’Oggettivismo, tanto caro al deputato Ron Paul, padre del neo candidato repubblicano. Ayn Rand è anche l’autrice del più importante long seller americano, quell’Atlas Shrugged il cui protagonista si chiama John Galt, come l’hotel dal quale Rand Paul ha fatto l’annuncio.

Siamo in pieno zona Libertarian, in quell’area sfocata del Partito Repubblicano che, se da un lato flirta con il Tea Party, dall’altro potrebbe anche accostarsi all’ala più radical dei Democratici. E nel suo discorso di candidatura, Rand Paul ha subito messo in chiaro la propria indipendenza e ha criticato sia i Dem che il GOP, denunciando il clima di consorteria bipartisan che regna nel Congresso (“It seems to me that both parties and the entire political system are to blame. Big government and debt doubled under a Republican administration. And it’s now tripling under Barack Obama’s watch”).
Ma il discorso non è stato esaltante. Paul ha parlato molto di sé, della sua esperienza di chirurgo oculista e della sua campagna umanitaria di operazioni oculari in Guatemala. Ha raccontato della sua adolescenza e dei vari lavori fatti quando era studente, dall’imbianchino al giardiniere. E ha affermato che un individuo deve farsi strada nella vita e nella società grazie alle sue forze e all’autostima, qualità che solo il lavoro e l’autosufficienza possono incrementare. Ed ecco citati i suoi figli, che hanno irrobustito la loro formazione e coscienza di sè anche attraverso il lavoro  (“Self-esteem can’t be given; it must be earned. Work is not punishment; work is the reward”).

Poi il mantra dei tre punti fondamentali della sua concezione politica: “justice, opportunity and freedom”, ripetuto varie volte nel corso di un  discorso deludente e poco concreto. Ma capace di infiammare gli accoliti. Senz’altro la raccolta di fondi avrà un buon avvio.

Hillary Clinton, per ora, non ha molto da temere da questo Rand Paul. Ma siamo solo all’inizio, anzi, al pre-inizio e c’è ancora un anno e mezzo prima del novembre 2016. 

mercoledì 28 maggio 2014

ELEZIONI EUROPEE 2014

GEOGRAFIE ELETTORALI


Dopo l’ubriacatura di cifre e commenti solo un riepilogo ‘spaziale’ dei risultati dei tre principali partiti. Per la prima volta nell’Italia repubblicana, la distribuzione territoriale del voto, può essere definita nazionale. Era già successo con il voto M5S alle politiche del 2013, molto uniforme in tutte le regioni, con PD circoscritto alle solite regioni rosse appenniniche e il PDL più forte al Nord e al Sud. Queste elezioni tendono ad attenuare le differenze tra le tre Italie della Seconda Repubblica (Lega-Forza Italia al Nord; Sinistra-Centro in Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche; Forza Italia-Centro Destra al Sud). Il PD è il primo partito in tutte le regioni. Restano connotazioni regionali ma mai come dopo questo turno elettorale l’Italia si ritrova così unita ed omogenea. Elettoralmente parlando…


Voto al PD




Voto al M5S


Voto a FI

domenica 25 maggio 2014

SINISTRA LIBERALE E RADICALE


Europee, i Radicali non partecipano al voto 
Ma finché ci sono loro c’è speranza

Pubblicato da Piero Sansonetti in ‘gli Altri’ il 23 maggio 2014  


Mentre cala il silenzio elettorale e si aspetta l’esito della sfida a tre – fra Renzi, Grillo e Berlusconi – i radicali restano fuori dal voto. E così si realizza il paradosso che, se vuoi parlare di politica, devi uscir fuori dalla contesa elettorale. La politica ufficiale, di Palazzo, è tutta racchiusa in una sfida personalistica, di abilità comunicativa, fra tre leader privi di programmi e di valori ideali; la politica marginale trova sbocco nell’attività radicale che pone sul tappeto grandi questioni come la giustizia, i diritti, il carcere, l’amnistia, la lotta al giustizialismo, il ripristino dello stato di diritto.
Tutto ciò è ancora più paradossale se si pensa che fino a vent’anni fa l’impressione, nell’opinione pubblica, era esattamente opposta alle sensazioni di oggi: c’era Pannella, istrione, grande comunicatore, maestro della politica spettacolo – e che per questo veniva criticato da tutti – contrapposto alla tetraggine delle burocrazie e degli anonimi apparati collettivi di partito.
Come è avvenuta questa metamorfosi? Bisogna tenere conto di tante cose. La prima – essenziale – è quella che ci interessa oggi: non è vero che negli anni ottanta la contrapposizione fosse tra “l’istrione” e “il collettivo” . Succedeva semplicemente che la grande politica dei partiti di massa era sorda alla modernità delle questioni che il partito radicale gettava nell’arena della lotta politica, non riusciva a sentirle né a vederle, e perciò reagiva concentrando lo sguardo sui metodi clamorosi e nuovi, di lotta politica, inventati da Pannella, senza accorgersi della modernità della lotta politica che proponeva. La modernità dei contenuti. Provate oggi a correre con la memoria a quegli anni. Il divorzio e poi l’aborto, la lotta alla fame nel mondo, i diritti dei soldati, dei carcerati, degli omosessuali, delle donne, la battaglia antiproibizionista, l’antimilitarismo… Come si faceva a pensare che fossero questioni marginali, e che nessuna battaglia politica potesse essere condotta – a sinistra – se non in funzione dei diritti sindacali, oppure – a destra – senza rispettare i principi del cristianesimo Vaticano o della grande ideologia conservatrice e post fascista (ordine, disciplina, merito, rispetto)?
I partiti politici di massa, in quegli anni, non colsero in nessun modo il radicalismo profondo del partito radicale. Non capirono che era un radicalismo di sostanza e non di forme, e che poneva due grandi questioni: entrare a pieno titolo nella modernità ed entrare nella democrazia compiuta. Perché in quegli anni, la modernità era considerata un disvalore, e nessuno vedeva i limiti della “democrazia realizzata” con lo Stato Repubblicano e la necessità di farle compiere un salto in avanti, superando le paure, le ragioni di stato, le burocrazie, i barocchismi, gli ideologismi. Paure di che? Semplicemente della libertà. La macchina politica – socialmente formidabile – della prima Repubblica, lodava la libertà ma la temeva, riteneva che avesse bisogno di un involucro, di un sistema collettivo di limitazione e di organizzazione. Amava la libertà organizzata e finalizzata, non concepiva nemmeno la “libertà libera”.
Allora, probabilmente, nacque una frattura profondissima tra politica e modernità. E quella frattura portò la politica a vivere in una dimensione che era interamente interna “al patto di Yalta” e ai suoi automatismi. Caduta l’Europa di Yalta, nell’89, e caduti gli automatismi, la fortezza della politica si sgretolò e fu divorata, in pochi mesi, da nuovi poteri – molto più moderni e molto più spregiudicati, e molto più feroci – tra i quali, prima di tutto, il potere giudiziario.
La crisi politica di oggi nasce da lì. Da quegli errori. E la seconda Repubblica è venuta su riproducendo tutti gli errori della prima. Né la destra di Berlusconi, né la sinistra di Prodi, né quella di D’Alema, né la sinistra radicale, si sono davvero posti il tema dell’ingresso nella modernità. E cioè la necessità di uno sviluppo della civiltà in senso liberale, fuori dagli automatismi del socialismo e fuori dagli automatismi del mercatismo. Anzi, la nuova classe politica ha cercato una mediazione tra socialismo e mercatismo, immaginando che fosse quella mediazione – e dunque la moltiplicazione di difetti e sciagure – la porta per entrare nella modernità.
Così oggi ci troviamo dinnanzi alla politica-immagine, al solito governo di emergenza, e alla presunta opposizione – i grillini – incapace di indicare la prospettiva di una società diversa da quella autoritaria e fondamentalista che è nella mente del loro leader. Mentre la destra berlusconiana e la sinistra renzista non sanno a trovare fra loro nessuna differenza che non sia una differenza nella scelta del personale e del ceto dirigente.

E al margine di questo circo, che ha tirato a fondo e quasi annullato la democrazia politica, resta il drappello coraggioso dei radicali. Ce la faranno? Non so: so che finché loro esistono esiste anche la speranza.

domenica 16 marzo 2014

ITALO TONI / GRAZIELLA DE PALO

BEIRUT - 2 SETTEMBRE 1980





La DC al governo, uomini di punta Andreotti e Moro, molto attivi nelle relazioni internazionali. Negli anni ’70 l’Italia, a causa della sua posizione geografica, si ritrovava ad essere uno dei crocevia dei due più importanti affaires di politica estera: il conflitto freddo Est-Ovest e il conflitto armato arabo-israeliano. In quest’ultimo la linea seguita dall’Italia era quella filo-araba.

Democrazia Cristiana e Partito Comunista hanno sempre guardato con diffidenza a Israele. La sinistra collegava la nazione ebraica all’imperialismo americano mentre più pragmaticamente le volpi democristiane avevano molto più da guadagnare stabilendo canali ufficiali e non con gli arabi. C’era di mezzo il petrolio ma c’era anche il proposito di concordare con i palestinesi una pax duratura, il così detto Lodo Moro, che evitasse di coinvolgere l’Italia negli attacchi terroristici tipo Monaco ’72. Di fatto l’OLP aveva nell’Italia l’alleato più sicuro dell’Europa occidentale, potendo contare sia sulle forze governative che su quelle di opposizione, anche extraparlamentare.

Il 13 aprile 1975 dei palestinesi uccidono a Beirut il leader dei falangisti cristiani libanesi Pierre Gemayel. È l’inizio di una serie di vendette incrociate che scateneranno la guerra civile nel paese levantino che finirà soltanto nel 1991. Il Libano diventa teatro di scontri tra le numerose fazioni interne e che ben presto vedrà la partecipazione dei paesi vicini. Siria, Israele, Paesi del Golfo, Iran e le principali reti di intelligence del mondo.

A Beirut si incrociano petrodollari sauditi, finanzieri londinesi, gli interessi della ricca diaspora libanese, trafficanti di armi e droga. Come sempre in Medio Oriente, gli affari si legano alle divisioni etnico-religiose e politiche, nella cornice più ampia del bipolarismo e della rivalità tra sovietici e americani.

È in questo contesto che il 22 agosto del 1980 giungono a Damasco, destinazione Beirut, due giornalisti italiani, Italo Toni e Graziella De Palo. Lui esperto corrispondente dai luoghi caldi per Paese Sera, conoscitore del Libano con un non meglio precisato incarico presso il Ministero degli Interni; lei giovane ed entusiasta pubblicista che aveva sposato la causa palestinese. L’intenzione era quella di seguire la pista del traffico di armi e di droga sulla rotta Beirut-Damasco.

Le due capitali distano qualche ora di auto, la strada attraversa la regione della Beqaa, fertilissima valle coltivata a oppio e cannabis. Il confine Siria-Libano, allora come oggi, era il luogo giusto per reporter  a caccia di scoop. Come lo era il sud del Libano con i campi-profughi palestinesi.

Il 24 agosto i due italiani sono a Beirut e iniziano a muoversi cercando contatti con i vari gruppi militarizzati attivi nella città, in particolare nella parte ovest, quella controllata dai palestinesi. La mattina del 2 settembre 1980 hanno un appuntamento. Escono dall’hotel dove risiedono e salgono su un’auto. Da quel momento di Italo e Graziella non si avranno più notizie.

Come da copione si verificheranno depistaggi, interventi dei servizi segreti italiani e esteri, di massoni maroniti e perfino del generale del Sismi Santovito, legato a Licio Gelli. Con lo Stato italiano non certo pronto a collaborare e che anzi farà di tutto per chiudere la vicenda e avvolgerla in un silenzio tombale.


Ancora oggi la verità e la giustizia sono lontane e sempre più difficili dall’affiorare. Si possono soltanto fare ipotesi. Quella più verosimile è che Toni e De Palo siano finiti nelle mani degli estremisti del Fronte Popolare Liberazione Palestina, scambiati per spie israeliane o forse testimoni di qualche verità compromettente.  La causa palestinese non poteva essere screditata come non poteva essere messo in discussione il Lodo Moro da parte dello Stato italiano.  Da qui la probabile eliminazione dei due scomodi giornalisti.

Il Libano nel 1982, ai tempi dell'occupazione israeliana chiamata
'Operazione Pace in Galilea'. Cartina da Frigidaire, n. 32-33 estate 1983

domenica 17 marzo 2013

MOVIMENTO 5 STELLE

BEPPE GRILLO
INIZIO DELLA TERZA REPUBBLICA

H. Bosch / J. Cale, The Ship of Fools



A proposito di un commento ad un post sul sito di Beppe Grillo che ho appena inviato.


Movimento 5 Stelle ricorda il “penitanziagite”(1) o il “gottes macht ist myn cracht”(2), modelli da studiare per evitare di commettere errori analoghi. ma questa dovrebbe essere la forma o meglio la non forma da mantenere. Anche solo il pensiero di appoggiare un esecutivo Bersani suonerebbe eretico(3). Le sirene del potere sono sempre allettanti, e quando cantano, lesti ad usare tappi di cera (4).

Prodi, D'Alema o altre amenità per il Colle che vengano lasciate ai professionisti della politica. Da osservatore non votante del movimento, trovo che l'unica strada che M5S possa seguire è quella dell'anti-sistema, possibilmente non eterodiretta, come avviene ora, ma spontanea e anarcoindividualista (5) come forse avverrà.

Movimento non strutturato che persegue lo scopo di far cambiare, con il proprio esempio di comportamento impeccabile, i comportamenti degli altri. Questo è l'unico modo per entrare non solo nella storia, ma nel mito e nella leggenda. Oppure si comincia a sentirsi indispensabili e a pensarsi salvatori della patria e prima qualche voto ad personam poi il risucchio nel mainstream partitocratico.

Da osservatore non votante guardo l'evolversi della situazione che si avvicina alla biforcazione del sentiero(6). Quale sarà la direzione del movimento, verso l'opportunismo o verso la mitopoiesi?

note

1. « Or di' a fra Dolcin dunque che s'armi,   
tu che forse vedrai lo sole in breve,
s'egli non vuol qui tosto seguitarmi,

sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch'altrimenti acquistar non sarìa lieve. »

Inferno, XXVIII, 55-60

Da Dante fino alla Rosa di Umbertino d’Alessandria

2. Altro esempio di comune che si pone fuori dal sistema.

Per scampare da zanne che mi straziano - sparire
Farmi aria di tenebra ma a poco
A poco a poco come questa a cui mi abbia persuaso
Argenteo freddo e infinito il crepuscolo
Di primavera in Münster contemplando
Il mistero dei tre capi anabattisti
Lassù le gabbie vuote sul campanile:
Vi ci aveva rinchiusi da già morti o ancora
Vivi
La cruda pietà vescovile, poveri cristi
E di quale stagione e a quale i corpi
Dati in pasto offesa di elementi-
Ai resti loro in compagnia lasciando
Sfatti di me sepolti e pochi denti.

Giovanni Giudici, Primavera in Münster

3. Proprio in quanto eresie furono combattute le citate esperienze degli Apostolici e degli Anabattisti

4. And here she comes again and I'm sitting on my hands
And she sings to me that siren song.

Billy Bragg, The warmest room

5. Ogni riferimento al Collettivo di Ayn Rand e Murray Rothbard non è puramente casuale

6. Jorge Luis, naturalmente



 











martedì 26 febbraio 2013

ELEZIONI POLITICHE 2013 - RISULTATI

GEOGRAFIA DELLE POLITICHE
CAMERA


Divertirsi con i risultati delle politiche.

Sintesi:

sconfitta del Centro Sinistra e di Bersani. Dovrebbe dimettersi; rispetto alle politiche 2008, alla Camera, la coalizione passa da oltre 13 milioni di voti a 10 milioni

tracollo Centro Destra. Rispetto alle politiche 2008, sette milioni di voti persi. Anche considerando più di 2 milioni e mezzo di votanti in meno si tratta di una bella botta. Vittoria personale di Berlusconi che centra l’obiettivo di restare in gioco come interlocutore di peso.;
 
trionfo Cinque stelle. La cosa che impressiona è la regolarità dell’affermazione su scala nazionale;

flop dei centristi e bruciatura di Monti;

viene replicata la scomparsa dei comunisti, salvi solo grazie a Bersani;

finalmente spazzati via i giustizialisti;

amarezza per la scomparsa di liberali e radicali.
 

 Primo partito per provincia alla camera dei Deputati.

 
Azzurro PDL (VA ad Aosta)   Giallo M5S,  Rosso PD (SVP in Alto Adige),  Verde Lega

domenica 24 febbraio 2013

ELEZIONI POLITICHE 2013

PREVISIONI O VATICINI

Prima mattina con grossi fiocchi di neve ora qualche raggio di sole sulla giornata elettorale. Provo ad indovinare i risultati elettorali, basandomi su certe sensazioni che provengono dagli umori individuali e collettivi che fluttuano a mezz’aria sul nostro paese. Niente sfera di cristallo, ancor meno i miei vecchi tarocchi di Marsiglia; niente commenti sui media e manco sbirciate ai siti ticinesi. Puro divertimento. Poi, a conti fatti, altro divertimento per il riscontro.

Allora, da destra a sinistra, in percentuale:

PDL 19
Lega  5
Altri   5  totale  C.D.  29


Scelta Civica  9
Altri  3   totale Monti  12

 
PD    30
SEL    3
Altri    2  totale  C.S.   35


Rivoluzione Civile   3


M5S    17


Altri      4


Provo anche a sbilanciarmi sui voti regionali

 

Per quanto mi riguarda, ma la cosa non interessa a nessuno, sono ancora incerto tra le seguenti opzioni, in ordine di preferenza:  AmnistiaGiustiziaLibertà; PD; Fare; MIR.

 

martedì 27 novembre 2012

PRIMARIE, SOFRI E MACHIAVELLI

STAMPA E REGIME
27 NOVEMBRE 2012

L'Albergaccio di Sant'Andrea in Percussina


Sempre a proposito di primarie. Deliziosa la Piccola Posta di Adriano Sofri sul Foglio letta stamani a Stampa e Regime da Massimo Bordin. Ha vinto Bersani ma per Sofri è amaro constatare che a San Casciano, il paese dell’Albergaccio di Machiavelli e di Case del Popolo, la vittoria sia andata a Renzi. E chiude con un fantastico: “deve essere per via dei Principi C. e dei Marchesi F., mi dicono. Ma quanti caspita sono questi marchesi e principi di San Casciano…”

Ciò mi fa tornare alla mente un mio vecchio divertimento poetico, tratto dalla raccolta ‘I dialoghi’

I

E’ la nobiltà d’intento
che ci salva


Ma chi la giudica
la nobiltà d’intento…
non ha salvato Dante dall’esilio,
Niccolò dall’Albergaccio


Anche tu il giudice
se dopo secoli
vai in pellegrinaggio a Sant’Andrea.


II

Sei un moralista


Il mio è il moralismo
di Niccolò all’Albergaccio
tanto che alzi la voce all’osteria, nel fango
o indossi il mantello nello studio
mai il pensier distolgo dall’agire umano.

lunedì 26 novembre 2012

GEOGRAFIA DELLE PRIMARIE

PRIMARIE CENTRO SINISTRA
25 NOVEMBRE 2012

 

In rosso vittoria Bersani
In blu vittoria Renzi
In viola vittoria Vendola

dati ufficiali PD, elaborazione grafica eustaki

sabato 18 giugno 2011

THE SPECIALS

ROCK AGAINST RACISM


Si diceva di Coventry, ma la storia nasce prima del 1977, anno in cui Jerry Dammers e altri kids si mettono a fare musica nella città industriale delle Midlands. Bisogna andare nella Giamaica degli anni Cinquanta dove, nelle periferie degradate di Kingston fanno le prime apparizioni i rude boys, ragazzi che non hanno altro da fare che stare per strada a cannarsi e a percuotere barili arrugginiti. È così che nascono lo ska e il rocksteady e successivamente il reggae. I primi rude boys di Kingston non hanno connotazioni politiche, sopravvivono di quegli espedienti che ogni parassitismo urbano offre. Fumano, fanno sesso con le rude girls o con le turiste americane che negli anni Sessanta, dopo la “caduta in mani nemiche” di Cuba, cominciano a recarsi a frotte in Giamaica alla ricerca di sensazioni forti, ma soprattutto ballano e fanno musica. Alcuni gruppi di rude boys emigrano in Inghilterra e portano il loro sistema di vita nei quartieri delle metropoli inglesi, dove si verificano i primi scontri a carattere razziale con la gioventù bianca locale. In Inghilterra i rude boys perdono l’indolenza giamaicana, si incattiviscono e soprattutto cominciano ad esprimere rivendicazioni che vengono accolte dai giovani inglesi più attenti alle questioni politiche e sociali.

L’incontro tra l’ identità nera giamaicana e la nascente protesta bianca dei punk porta allo ska degli Specials.
Tra 1976 e 1977 il rock inglese ufficiale dava segnali inquietanti. In particolare due rock star di primissimo piano come Eric Clapton e David Bowie avevano fatto infelici dichiarazioni di stampo neofascista e xenofobo. Ciò aveva scatenato la protesta culminata, dal 1978, nei concerti del Rock Against Racism, ai quali parteciparono, tra gli altri, Clash, Specials, Tom Robinson, Elvis Costello e, a Leeds anche i Joy Division.


L’impegno militante contro razzismo e fascismo porta gli Specials ad un assiduo rapporto di amicizia oltre che di collaborazione tra Dammers, Joe Strummer e Elvis Costello. Strummer, dopo aver assistito ad un concerto della band di Coventry li inviterà ad aprire le serate dei Clash nell’On Parole UKTour del 1978 mentre Costello produrrà il loro primo album nel 1979, che custodisco gelosamente, mentre ho perduto, regalati a chissà chi, i singoli, tra i quali Ghost town/Why comprati in un negozietto inglese.


Gli Specials, nel giro di qualche anno e con solo due album ufficiali in studio hanno rappresentato una fiammata che ancora oggi riesce a illuminare e a dare calore. La loro musica è una miscela esplosiva fatta di divertimento e impegno e ascoltarli mette allegria, voglia irrefrenabile di ballare ma riesce anche a far riflettere grazie agli argomenti toccati nei loro testi.


Why did you try to hurt me? Did you really want to kill me
Tell me why, tell me why, tell me why


Why do we have to fight? Why must we fight?
I have to defend myself From attack last night


I know I am black You know you are white
I'm proud of my black skin And you are proud of your white, so


We don't need no British Movement Nor the Ku Klux Klan
Nor the National Front It makes me an angry man


I just want to live in peace Why can't you be the same?
Why should I live in fear? This fussing and fighting's insane



Gli Specials sono tutt’ora on stage e il loro tour dello scorso anno è stato acclamato dalla stampa inglese come uno dei migliori rock act in circolazione. A settembre di quest’anno è prevista l’unica data in Italia, a Milano. Il divertimento è assicurato.
È il caso di dire, dal sito ufficiale della band:

“Substance wrapped in checkerboard: who else could mention the Irish Republican Army and the Ulster Defence Association in a dance track?
If you were 15 in 1979, the Specials were easy peasy lemon squeezy the greatest band on the planet. If you're 47 in 2011, nothings changed.”


Eustaki sottoscrive, anche anagraficamente!

venerdì 19 novembre 2010

ALDO MORO / SERGIO FLAMIGNI

CONVERGENZE PARALLELE
SERGIO FLAMIGNI – 1998
 
Autodidatta, partigiano, senatore PCI, Flamigni fa parte delle Commissioni Parlamentari più delicate della I Repubblica. Dal suo osservatorio privilegiato compie un’azione civile e di pubblica utilità mettendo a disposizione le conoscenze acquisite in anni di indagine appassionata. (http://www.archivioflamigni.org/)
In questo Convergenze parallele viene esaminato il Caso Moro con puntigliosità archivistica. Il clima nazionale e internazionale che fa da cornice al sequestro, dagli anni Sessanta alle vicende più recenti del pentitismo brigatista è analizzato attraverso le fonti, puntualmente citate in nota. Dal voluminoso materiale studiato da Flamigni emerge un quadro inquietante e incredibile entro il quale si è andata svolgendo la storia repubblicana italiana. Nello specifico, oltre a Moro, in questa coinvolgente inchiesta, si delineano le figure di Moretti, Cossiga, Pecorelli, le verità dei qual resteranno probabilmente nascoste ancora a lungo.
Il cuore del libro, che è anche la tesi sostenuta dal senatore Flamigni, è ben riassunto in questo brano a pagina 178 dell’edizione Kaos, casa editrice coraggiosa e troppo poco conosciuta:
“Viene colpito Moro per stroncare la politica del compromesso storico e la politica morotea di apertura al PCI, strenuamente avversata dalla amministrazione americana, dalla nomenclatura sovietica, dagli ambienti Nato, dai governi tedesco, francese e israeliano, e in Italia dalla massoneria piduista e dalla destra DC.”
Un’unica critica al libro è che si tratta di una visione, anche se ben argomentata, inevitabilmente di parte. Flamigni assolve il PCI e il ruolo da esso avuto nel supportare la DC nella ‘fermezza’ dimostrandosi più realista del re, quando invece Craxi e altre personalità cattoliche portavano avanti l’ipotesi della trattativa.
Ma il libro è comunque un macigno scagliato contro un’intera classe politica che non ha minimamente pagato delle responsabilità avute tanto che Cossiga ha potuto portare a compimento il suo cursus honorum fino alla carica più alta, quella di Presidente della Repubblica e se ci sono alla fine di questa storia altri vincitori, la P2 è senz’altro tra di essi.