La DC al
governo, uomini di punta Andreotti e Moro, molto attivi nelle relazioni
internazionali. Negli anni ’70 l’Italia, a causa della sua posizione
geografica, si ritrovava ad essere uno dei crocevia dei due più importanti
affaires di politica estera: il conflitto freddo Est-Ovest e il conflitto
armato arabo-israeliano. In quest’ultimo la linea seguita dall’Italia era
quella filo-araba.
Democrazia
Cristiana e Partito Comunista hanno sempre guardato con diffidenza a Israele.
La sinistra collegava la nazione ebraica all’imperialismo americano mentre più
pragmaticamente le volpi democristiane avevano molto più da guadagnare
stabilendo canali ufficiali e non con gli arabi. C’era di mezzo il petrolio ma
c’era anche il proposito di concordare con i palestinesi una pax duratura, il
così detto Lodo Moro, che evitasse di coinvolgere l’Italia negli attacchi
terroristici tipo Monaco ’72. Di fatto l’OLP aveva nell’Italia l’alleato più
sicuro dell’Europa occidentale, potendo contare sia sulle forze governative che
su quelle di opposizione, anche extraparlamentare.
Il 13
aprile 1975 dei palestinesi uccidono a Beirut il leader dei falangisti
cristiani libanesi Pierre Gemayel. È l’inizio di una serie di vendette incrociate
che scateneranno la guerra civile nel paese levantino che finirà soltanto nel
1991. Il Libano diventa teatro di scontri tra le numerose fazioni interne e che
ben presto vedrà la partecipazione dei paesi vicini. Siria, Israele, Paesi del
Golfo, Iran e le principali reti di intelligence del mondo.
A Beirut si
incrociano petrodollari sauditi, finanzieri londinesi, gli interessi della
ricca diaspora libanese, trafficanti di armi e droga. Come sempre in Medio
Oriente, gli affari si legano alle divisioni etnico-religiose e politiche,
nella cornice più ampia del bipolarismo e della rivalità tra sovietici e
americani.
È in questo
contesto che il 22 agosto del 1980 giungono a Damasco, destinazione Beirut, due
giornalisti italiani, Italo Toni e Graziella De Palo. Lui esperto
corrispondente dai luoghi caldi per Paese Sera, conoscitore del Libano con un
non meglio precisato incarico presso il Ministero degli Interni; lei giovane ed
entusiasta pubblicista che aveva sposato la causa palestinese. L’intenzione era
quella di seguire la pista del traffico di armi e di droga sulla rotta
Beirut-Damasco.
Le due
capitali distano qualche ora di auto, la strada attraversa la regione della
Beqaa, fertilissima valle coltivata a oppio e cannabis. Il confine
Siria-Libano, allora come oggi, era il luogo giusto per reporter a caccia di scoop. Come lo era il sud del Libano con i campi-profughi palestinesi.
Il 24
agosto i due italiani sono a Beirut e iniziano a muoversi cercando contatti con
i vari gruppi militarizzati attivi nella città, in particolare nella parte
ovest, quella controllata dai palestinesi. La mattina del 2 settembre 1980
hanno un appuntamento. Escono dall’hotel dove risiedono e salgono su un’auto. Da
quel momento di Italo e Graziella non si avranno più notizie.
Come da
copione si verificheranno depistaggi, interventi dei servizi segreti italiani e
esteri, di massoni maroniti e perfino del generale del Sismi Santovito, legato
a Licio Gelli. Con lo Stato italiano non certo pronto a collaborare e che anzi
farà di tutto per chiudere la vicenda e avvolgerla in un silenzio tombale.
Ancora oggi
la verità e la giustizia sono lontane e sempre più difficili dall’affiorare. Si
possono soltanto fare ipotesi. Quella più verosimile è che Toni e De Palo siano
finiti nelle mani degli estremisti del Fronte Popolare Liberazione Palestina,
scambiati per spie israeliane o forse testimoni di qualche verità compromettente.
La causa palestinese non poteva essere
screditata come non poteva essere messo in discussione il Lodo Moro da parte
dello Stato italiano. Da qui la
probabile eliminazione dei due scomodi giornalisti.
Il Libano nel 1982, ai tempi dell'occupazione israeliana chiamata 'Operazione Pace in Galilea'. Cartina da Frigidaire, n. 32-33 estate 1983 |
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