cinema

sabato 26 gennaio 2013

GIORNO DELLA MEMORIA

PAUL CELAN
ESPENBAUM

Anselm Kiefer, Für Paul Celan


Jiskor è la formula rituale ebraica per la commemorazione dei defunti. Equivale a ‘sia ricordato’. Jiskor è la parola più adatta per il giorno della memoria. A scuola è stato ricordato attraverso la lettura e l’assimilazione, goccia a goccia, parola dopo parola, di un testo poetico dell’amato Paul Celan. Ecco il testo e la mia traduzione:


Espenbaum, dein Laub blickt weiß ins Dunkel.
Meiner Mutter Haar ward nimmer weiß.

Löwenzahn, so grün ist die Ukraine.
Meine blonde Mutter kam nicht heim.

Regenwolke, säumst du an den Brunnen?
Meine leise Mutter weint für alle.

Runder Stern, du schlingst die goldne Schleife.
Meiner Mutter Herz ward wund von Blei.

Eichne Tür, wer hob dich aus den Angeln?
Meine sanfte Mutter kann nicht kommen.

 
Pioppo tremulo, le tue foglie guardano bianche nel buio
Mia madre, i suoi capelli non divennero mai bianchi.

Dente di leone, così verde è l’Ucraina.
La mia bionda madre non tornò a casa.

Nube di pioggia, indugi sopra il pozzo?
La mia sommessa madre piange per tutti.

Stella rotonda, ripercorri il ciclo dorato.
Mia madre, il suo cuore piagato dal piombo.

Porta di quercia, chi ti divelse dai cardini?
La mia dolce madre non può passare.

Qualche problema di traduzione.

Die Espe in tedesco è propriamente il Populus tremula che però non ha la foglie bianche, tipiche del Populus alba. Da qui la scelta di alcuni traduttori di utilizzare il termine pioppo bianco o albarella, come fa per esempio Giuseppe Bevilacqua sul Meridiano Mondadori. La traduzione letterale sarebbe «albero di pioppo tremulo».

Il problema più spinoso riguarda il verso 7. «du schlingst die goldne Schleife». Questa espressione potrebbe anche essere tradotta con «si avvinghia al cappio dorato», immagine molto forte che ben si unirebbe al successivo «cuore piagato dal piombo». Con questa traduzione il Runder Stern/stella rotonda potrebbe rimandare alla stella gialla degli ebrei: stella gialla = cappio dorato. Ma sarebbe una scelta troppo diretta e banale per Celan. Seguendo invece la logica interna della poesia, che vede il primo verso di ogni strofa riferirsi a elementi della natura, la stella rotonda è il sole, il verbo schlingst che significa  attorcigliarsi, avvinghiarsi, ma anche compiere un percorso ciclico, un moto circolare, indicherebbe il moto ciclico apparente del sole. E Schleife in tedesco è cappio, anello, giro, ciclo. Nella lingua originale i diversi significati sono compresi nel verso; traducendo ho optato per il più cosmico «ripercorri il ciclo dorato». Nel Meridiano il verso in italiano recita «tu stringi il cappio dorato». In inglese viene tradotto «you wind the golden loop». In francese «tu enroules la boucle/la traîne d'or».

domenica 20 gennaio 2013

GUERRA IN MALI

SULL' INTERVENTO FRANCESE


Islamisti nel Nord del Mali, TheNewYorkTimes


La questione è di quelle che tendono a spaccare l’opinione pubblica: potenze straniere possono intervenire militarmente contro regimi di Paesi sovrani per scopi definiti umanitari? In anni recenti anche in Italia si è molto dibattuto sui casi della Serbia, della risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre, della Libia. Siamo quasi tutti d’accordo che giungere a soluzioni pacifiche sia l’opzione migliore in assoluto ma ciò non è sempre possibile. La risoluzione di certe emergenze è molto complessa e divisiva ma proprio perché si tratta di emergenze la comunità internazionale ha il compito di agire e se la diplomazia e la politica falliscono è necessario trovare altre soluzioni, anche se dolorose.

Due di queste situazioni si stanno svolgendo da molti mesi sullo scenario globale. Da due anni ormai la Siria sta autodistruggendosi senza che la comunità internazionale  riesca o voglia attivarsi per un’azione che ponga effettivamente fine al quotidiano massacro. 
L’altro caso al centro in questi giorni dei media mondiale è il Mali. Da quasi un anno il Paese sahariano vive una guerra civile che ha portato alla divisione dell’unità nazionale con la proclamazione di uno stato autonomo, l’Azawad, nella parte settentrionale. Islamisti associati ad al-Qaeda, bande di predoni specializzati in narcotraffico e sequestri di occidentali, mercenari e trafficanti di armi hanno trovato occasione e  appoggio nelle rivendicazioni del popolo Touareg che da decenni combatte le autorità di Bamako.
La destabilizzazione seguita alle Primavere arabe e soprattutto alla caduta del regime libico ha reso esplosivo non solo il Mali ma tutta l’Africa Nord Occidentale. Ignorato per molti mesi, il pericolo rappresentato dalla costituzione di una roccaforte jihadista tra Sahara e Sahel, ha iniziato a preoccupare, oltre che alcuni paesi africani, anche la Francia, orfana della grandeur coloniale e inquieta a causa delle conseguenze che tale focolaio possa rappresentare per l’assetto geopolitico regionale, in primis per Algeria e per l’ancora instabile Libia post-Gheddafi. E lasciando da parte ciò che sta accadendo nella Nigeria settentrionale… Di fronte alla totale assenza di dibattito internazionale sulla questione, il governo del socialista – pacifista – Hollande ha deciso di intervenire. Questo il quadro.

Alcune considerazioni.

A differenza che in Siria, la Francia non ha coinvolto altri paesi o istituzioni internazionali ed in ‘solitudine’, come ha commentato la stampa francese, ha inviato i militari. L’impressione suscitata è che la Francia consideri ancora l’Africa Nord Occidentale come questione nazionale o addirittura neocoloniale, in questo caso va rimarcata la continuità del governo Hollande con il precedente governo Sarkozy.

L’impegno al momento sembra sia stato programmato come circoscritto geograficamente, di breve durata e con un limitato numero di forze impiegate ma il sequestro dell’impianto petrolifero in Algeria ha immediatamente allargato il perimetro di guerra.

Il radicamento di un potere islamista qaedista su un territorio molto vasto con istituzione di autorità politiche e non più soltanto la presenza di cellule terroristiche più o meno clandestine e aterritoriali rappresenta una minaccia per tutto il mondo, e ciò non può ridursi a un fare i conti, per la Francia, con il proprio ruolo e con il proprio passato storico. Il problema deve essere condiviso.


Ha fatto bene il governo italiano ad appoggiare la Francia e ha fatto bene il futuro primo ministro Bersani a schierarsi con il compagno Hollande. Ancora una volta è però venuta a mancare una comunione di vedute con l’ala che fa riferimento a Vendola che subito ha condannato l’intervento francese, facendo riemergere le contraddizioni, anche in politica estera, di una coalizione che si propone agli italiani come forza di governo.

 

Truppe francesi lasciano Bamako, CNN
Ambasciata francese a Londra, CNN

venerdì 4 gennaio 2013

YORGOS LANTHIMOS

ALPEIS / ALPI
YORGOS LANTHIMOS - 2011


 
Lanthimos vuole spiazzare lo spettatore. Creatosi la fama di regista grottesco, estraniante ed imprevedibile con il suo precedente e secondo lungometraggio Kynodontas, vuole a tutti i costi rispettare il cliché, così che con Alpeis giunge già al manierismo.


Premessa necessaria per ristabilire una certa misura di giudizio perché altrimenti c’è il rischio di parlare di genialità di fronte a registi che fanno semplicemente buoni film ma che vengono subito acclamati come capolavori.

Alpi è costruito come un puzzle in cui non tutti i pezzi, alla fine, vanno al loro posto. E questo potrebbe anche non essere un problema: la realtà ha anche vicoli ciechi e golfi di oscurità e incongruenza, però in un film altamente cerebrale e antropologicamente concettuale certi meandri morti lasciano perplessi.

L’idea che organizza lo script è molto buona, ed è dello sceneggiatore Efthymis Filippou. Il regista l’ha giudicata troppo semplice e vi è intervenuto rimescolando le carte con il risultato di appesantirla.

Come in Reservoir dogs anche in Alpi c’è una rinominazione dei personaggi principali; come in Iñárritu e in certi Haneke c’è la riflessione sulla morte; come in Lynch c’è la perdita di identità e i contorni tra finzione e realtà si confondono; come in Reygadas e Tarr c’è la pesantezza e la vischiosità del ritmo che vorrebbero alludere a inesplicabili metafisiche. Infine, è deprimente come i film di Von Trier.

Nonostante tutto questo Alpi è un film che fa riflettere, che divide, a cui si ripensa per cercare di inserire al posto giusto le tessere di cui si compone. Film così in Italia non se ne girano più da decenni.

 
                               regista e sceneggiatore a Venezia