cinema

venerdì 4 gennaio 2013

YORGOS LANTHIMOS

ALPEIS / ALPI
YORGOS LANTHIMOS - 2011


 
Lanthimos vuole spiazzare lo spettatore. Creatosi la fama di regista grottesco, estraniante ed imprevedibile con il suo precedente e secondo lungometraggio Kynodontas, vuole a tutti i costi rispettare il cliché, così che con Alpeis giunge già al manierismo.


Premessa necessaria per ristabilire una certa misura di giudizio perché altrimenti c’è il rischio di parlare di genialità di fronte a registi che fanno semplicemente buoni film ma che vengono subito acclamati come capolavori.

Alpi è costruito come un puzzle in cui non tutti i pezzi, alla fine, vanno al loro posto. E questo potrebbe anche non essere un problema: la realtà ha anche vicoli ciechi e golfi di oscurità e incongruenza, però in un film altamente cerebrale e antropologicamente concettuale certi meandri morti lasciano perplessi.

L’idea che organizza lo script è molto buona, ed è dello sceneggiatore Efthymis Filippou. Il regista l’ha giudicata troppo semplice e vi è intervenuto rimescolando le carte con il risultato di appesantirla.

Come in Reservoir dogs anche in Alpi c’è una rinominazione dei personaggi principali; come in Iñárritu e in certi Haneke c’è la riflessione sulla morte; come in Lynch c’è la perdita di identità e i contorni tra finzione e realtà si confondono; come in Reygadas e Tarr c’è la pesantezza e la vischiosità del ritmo che vorrebbero alludere a inesplicabili metafisiche. Infine, è deprimente come i film di Von Trier.

Nonostante tutto questo Alpi è un film che fa riflettere, che divide, a cui si ripensa per cercare di inserire al posto giusto le tessere di cui si compone. Film così in Italia non se ne girano più da decenni.

 
                               regista e sceneggiatore a Venezia

1 commento:

  1. sono decisamente d'accordo.
    rispetto a kynodontas, qui affiora un po' di maniera.
    però a post-visione fa appunto riflettere ed è un film più apprezzabile che durante la stessa visione.

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