cinema

sabato 15 marzo 2014

LEBANON

SAMUEL MAOZ - 2009
LEONE D'ORO MIGLIOR FILM 66 MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA






Una didascalia ad inizio film ci informa che è il 6 giugno 1982, primo giorno della Guerra del Libano.
Siamo all’interno di un carro armato israeliano e lì resteremo per tutta la durata del film assieme ai quattro giovani e inesperti soldati dell’equipaggio. Da questa postazione privilegiata assisteremo ad una guerra come mai si era vista al cinema.  

Sudore, lacrime, urina, fumi di scarico, sangue, acqua di condensa che cola, questo è ciò che riempie il vano di combattimento del carro. Pochi metri cubici, il contatto con il mondo esterno avviene grazie al periscopio, a confuse comunicazioni radio e a qualche visita dell’ufficiale che comanda un plotone in supporto al blindato che con altri ‘intrusi’ entrano nell’utero-armato che accoglie anche lo spettatore. Il quale, come i quattro soldati, si sente intrappolato nel carro e spera che da un momento all’altro la camera esca fuori dal portello della torretta. La camera invece non si muove, rimane addosso ai soldati e alle loro crisi nervose.

E come i quattro soldati anche noi vediamo la guerra attraverso i loro occhi e attraverso il prolungamento della loro vista rappresentato dal periscopio che con rumore metallico si sposta a scatti e inquadra quello che dovrebbe essere la realtà.

Si crea in tal modo uno schema di questo tipo: spettatore   interno del carro(realtà dei soldati in guerra) → osservazione della realtà esterna (manifestazione dei fenomeni bellici) → reazioni che i fenomeni bellici innescano nei soldati all’interno del carro → ritorno emozionale dai soldati allo spettatore.
Grazie a questo riuscito sistema di relazioni il film trasmette il senso di claustrofobica angoscia che rende partecipe lo spettatore il quale anch’egli vuole uscire, tornare a casa, quasi fosse fisicamente dentro al carro armato.


Questa location è l’elemento più interessante del film. Il resto è più o meno la solita retorica antimilitarista condita da immancabile realismo al sangue, vittime innocenti, soldati fragili in balia degli eventi. Anche chi dovrebbe dare ordini e informazioni non è in grado di farlo e il carro armato diventa un bateau ivre alla deriva in un campo di girasoli.


2 commenti:

  1. Miaveva assai impressionato a suo tempo questo film, quando lo vidi. Ne parlava, coincidenza casualissimam anche Annamaria Manzoni in una chiacchierata nella mia pagina, a proposito del suo libro tutti e due ci siamo ricordati la grande claustrofobia e il livello di crudele violenza dei personaggi

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  2. salve giovanni, benvenuto negli orti

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