LEONE D'ORO MIGLIOR FILM 66 MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
Una didascalia ad inizio
film ci informa che è il 6 giugno 1982, primo giorno della Guerra del Libano.
Siamo all’interno di un
carro armato israeliano e lì resteremo per tutta la durata del film assieme ai
quattro giovani e inesperti soldati dell’equipaggio. Da questa postazione
privilegiata assisteremo ad una guerra come mai si era vista al cinema.
Sudore, lacrime, urina, fumi
di scarico, sangue, acqua di condensa che cola, questo è ciò che riempie il
vano di combattimento del carro. Pochi metri cubici, il contatto con il mondo
esterno avviene grazie al periscopio, a confuse comunicazioni radio e a qualche
visita dell’ufficiale che comanda un plotone in supporto al blindato che con
altri ‘intrusi’ entrano nell’utero-armato che accoglie anche lo spettatore. Il quale,
come i quattro soldati, si sente intrappolato nel carro e spera che da un
momento all’altro la camera esca fuori dal portello della torretta. La camera
invece non si muove, rimane addosso ai soldati e alle loro crisi nervose.
E come i quattro soldati anche
noi vediamo la guerra attraverso i loro occhi e attraverso il prolungamento
della loro vista rappresentato dal periscopio che con rumore metallico si sposta
a scatti e inquadra quello che dovrebbe essere la realtà.
Si crea in tal modo uno
schema di questo tipo: spettatore → interno del carro(realtà dei soldati in guerra) → osservazione della
realtà esterna (manifestazione dei fenomeni bellici) → reazioni che i fenomeni
bellici innescano nei soldati all’interno del carro → ritorno emozionale dai
soldati allo spettatore.
Grazie
a questo riuscito sistema di relazioni il film trasmette il senso di
claustrofobica angoscia che rende partecipe lo spettatore il quale anch’egli
vuole uscire, tornare a casa, quasi fosse fisicamente dentro al carro armato.
Questa
location è l’elemento più interessante del film. Il resto è più o meno la
solita retorica antimilitarista condita da immancabile realismo al sangue,
vittime innocenti, soldati fragili in balia degli eventi. Anche chi dovrebbe
dare ordini e informazioni non è in grado di farlo e il carro armato diventa un
bateau ivre alla deriva in un campo di girasoli.
Miaveva assai impressionato a suo tempo questo film, quando lo vidi. Ne parlava, coincidenza casualissimam anche Annamaria Manzoni in una chiacchierata nella mia pagina, a proposito del suo libro tutti e due ci siamo ricordati la grande claustrofobia e il livello di crudele violenza dei personaggi
RispondiEliminasalve giovanni, benvenuto negli orti
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