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domenica 4 settembre 2011

JAN FABRE

DUE OPERE
PIETRASANTA - 2011


Senza titolo



Artista totale, Jan Fabre gioca con il nome e gli insetti. Chiamarsi Fabre lo porta a dichiararsi nipote del grande entomologo Jean-Henry Fabre ma pignoli spigolatori di genealogie lo hanno categoricamente smentito. Comunque sia, anche in questo, il geniale fiammingo sprizza originalità e la megalomania propria di ogni artista. E Fabre artista lo è, senza dubbio. Si esprime attraverso il corpo, la materia, organica ed inorganica, la cultura. Questi tre veicoli espressivi si fondono nelle due opere esposte nel chiostro di Sant’Agostino a Pietrasanta (a proposito, quest’estate a Pietrasanta si poteva vedere di tutto: Fontana, Arnaldo Pomodoro, Kounellis, i Kabakov, Burri, oltre ai soliti Botero, Mitoraj, Javier Marin, Ken Yasuda..).

La prima opera, senza titolo, ci aveva già impressionato alla penultima Biennale di Scultura di Carrara. In una teca di vetro fa mostra di sé un teschio realizzato con elitre di coleotteri che stritola nelle sue fauci senza vita un uccello imbalsamato verde smeraldo.

La rete di relazioni tra forma, materia e concetto è fittissima. Si potrebbero elencare i molteplici spunti e rimandi che ‘senza titolo’ suggerisce, ma sarebbe un inutile e pesante esercizio esegetico. È l’impatto che conta. Il teschio bronzeo e indefinito nel suo riflettere e assorbire la luce e il corpo brillante del volatile affascinano e lasciano al soggetto che osserva di possibilità di introiettarsi nella complessità di associazioni e antitesi che gli elementi dell’opera costruiscono.

Seven stompers with hair

Stessa forte connotazione culturale si concentra in Seven Stompers with hair. in questo caso l’impatto emotivo è minore ma la fruizione è ancora più legata ad un processo mentale e riflessivo che si afferma lentamente e per piani successivi di svelamento. Jan, di Anversa, si ricollega alla straordinaria tradizione figurativa fiammingo-olandese: i mortai richiamano le farmacie secentesche e una certa sperimentazione chimico-alchemica propria del periodo. Dall’opus (il pestello che amalgama sostanze diverse, simbolo del lavoro dell’artefice/artista) emergono ciocche di capelli, materiale organico quindi, che però ha le caratteristiche di ‘prodotto’ quasi sintetico, come le acconciature del Grand Siècle francese.

Il capello, elemento naturale, perde la sua componente ‘biologica’ per assumere, attraverso la manipolazione, requisiti puramente esteriori, estetici. Diventa moda, e quindi categoria al massimo grado effimera e transitoria, al contrario dell’arte, come quella dei Maestri fiamminghi, destinata a durare e a perpetrarsi nel tempo, magari attraverso contatti e reazioni con azioni di artisti di altre epoche.

Jan Fabre...



..come Tanino Liberatore, entrée di scarafaggi