COLM TÓIBÍN - 2010
L’altro motivo fondamentale per Tóibín è il suo essere irlandese e l’appartenere ad una famiglia i cui membri sono stati direttamente coinvolti nelle lotte per l’indipendenza e successivamente nell’attivismo politico dell’IRA e del Fianna Fail.
Un profilo di autore impegnato quindi e anche attivo nel campo dei diritti degli omosessuali. Tóibín è gay dichiarato e tematiche legate all’omosessualità si ritrovano nella sua produzione letteraria, anche saggistica, con particolare attenzione a quelli che sono i rapporti tra questo spinoso tema e la cultura cattolica.
Il suo ultimo libro è una raccolta di racconti, The Empty Family, nel quale tornano a fare da cornice ai vari episodi i temi preferiti dall’autore: l’Irlanda, la Spagna, l’omosessualità. Da cornice perché in realtà Tóibín parla d’altro e lo fa attraverso uno stile che connota la raccolta e la rende molto interessante.
Spesso i racconti sono costruiti come monologhi rivolti a persone assenti: i familiari, l’ex amante. Assenti perché distanti geograficamente, morti oppure appartenenti a periodi ormai trascorsi.
Racconti della distanza, del distacco, della perdita e della assenza, ecco cosa sono i racconti di questo The Empty Family. Chiaramente lo stato d’animo che riunisce queste condizioni è quello della solitudine, una solitudine spesso scelta come sfida da parte dei vari protagonisti. Già, chi sono i protagonisti dei racconti di Tóibín? Professori maturi, donne impegnate, immigrati spaesati, scrittori disillusi, dei quali l’autore dice pochissimo. Noi assistiamo ad alcuni momenti della vita di queste figure che si muovono su fondi urbani o di mare. Tóibín entra nell’intimità dei suoi personaggi senza presupporre un lettore, che invece vorrebbe saperne di più. Ma no, noi lettori siamo tenuti all’oscuro su cosa ha portato alle situazioni descritte. Motivazioni, fatti accaduti affiorano solo come flash che illuminano una tranche de vie momentanea ma che subito torna ad essere inghiottita nel buio.
Scrittura affascinante quella di Tóibín, da leggere lentamente, come consiglia il critico dell’Irish Times.
Jack Yeats, The funeral of Harry Boland, 1922 |
Jack Yeats, Queen Meave walked upon this Strand, 1950 |
non conosco questo autore di cui parli ma dall'Irlanda sono arrivati tanti romanzieri che ne verrebbe per ogniuno la benedetta ''buon sangue non mente''. peccato per l'impegno civile, lotte dei diritti etcc. comunque, ripeto, cogli irlandesi nun se po mai sapè.
RispondiEliminaun saluto
daniz, benvenuto negli orti.
RispondiEliminaho visto che ti piace molto céline quindi siamo compari
stay irish
Che bel post che hai scritto Eustaki! Non c'è che dire, è un luogo in cui vorrei andare per un sacco di motivi, uno dei quali hai illustrato: quel fondo di solitudine nell'aere irish, l'altro hai posato con grazia: visitare la National Gallery e soffermarmi ad ammirare alcune opere di Yeats. ;)
RispondiEliminamilena,sono proprio contento che tu abbia colto lo spirito del post, nel quale le immagini sono più importanti del mio testo.
RispondiEliminaanch'io avrei voglia di perdermi nel verdeazzurro irlandese.
un abbraccio