cinema

sabato 14 gennaio 2012

ASGHAR FARHADI - parte 2 / SHIRIN NESHAT

UN FILM / ALCUNI SCATTI




A. Cosa ci vuole raccontare Farhadi?
B. Senz’altro l’Iran di oggi. Come nel precedente About Elly è evidente che il regista desideri dare del suo Paese un’immagine lontana dagli stereotipi. L’Iran dei film di Farhadi è un paese moderno, paradossalmente ‘occidentale’. Sembra che questo sia il problema di fondo.
A. Rappresentare una società evoluta in cui i problemi sono gli stessi delle società sviluppate. Si potrebbe parlare di film ‘glocali’?
B. A parte la bruttezza del termine, sì, perché non possono non essere presenti le peculiarità della realtà locale.
A. Si riferisce alla religione?
B. Non solo. Certo che la telefonata all’autorità religiosa per sapere se è considerato impuro per una donna lavare un anziano ha chiaramente la funzione di ricordare allo spettatore ‘occidentale’ che siamo nel paese degli ayatollah e del resto lo spettatore occidentale si aspetta, quasi pretende, che in un film iraniano si parli di questo. È inevitabile, però il localismo io lo ritrovo nella volontà di seguire una tradizione cinematografica nazionale come elemento identitario. E la scelta è ideologica, poetica e decisamente originale. Direi programmatica.
A. Affermare un’identità nazionale attraverso la cultura, in questo caso il cinema?
B. Esattamente e va evidenziata la portata dirompente di questa scelta. Non si vanno a scomodare le lontane epoche d’oro della cultura farsi o le recenti epopee del risveglio rivoluzionario islamista ne’ quelle contemporanee antiteocratiche. No, Farhadi opta per il cinema, arte moderna e occidentale per eccellenza e quindi antitetica rispetto alla tradizione del suo Paese. Ma proprio il cinema e le arti visive/visuali hanno caratterizzato la vita culturale iraniana degli ultimi decenni.
A. Sta pensando a Kiarostami a Panahi?
B. Certo. Una separazione è una dichiarazione d’amore al cinema iraniano, le citazioni sono palesi. Pensare a Il cerchio è naturale oppure a Close up di Kiarostami. E parlando di cultura visiva iraniana pensavo anche a Naderi, autore a cavallo tra Iran e Stati Uniti o al bravissimo sceneggiatore anglo persiano Hossein Amini. Senza dimenticare Marjane Satrapi e la straordinaria video artista Shirin Neshat.
A. Potrei aggiungere che un libro come Leggere Lolita a Teheran non avrebbe potuto essere scritto in nessun altro paese islamico.
B. Verissimo. È in questo ambiente culturale che si muove Farhadi. La famiglia borghese del film è l’emblema di questa scelta di campo, contrapposta alla famiglia popolare. Nella famiglia borghese c’è assoluta parità di ruoli. Padre madre e figlia sono esattamente sullo stesso piano. Non solo, ma l’opinione della figlia preadolescente è uno dei temi principali e questo è rivoluzionario.
A. Io parlerei di giudizio vero e proprio. La figlia si affianca al giudice.
B. Proprio così. La figlia di 11 anni è caricata di responsabilità morali. O meglio, i genitori coinvolgono la figlia, si sentono giudicati da lei e sviluppano sensi di colpa che conducono alla scena finale.
A. O sarebbe più appropriato parlare di ‘non scena’?
B. È anche questo che rende Una separazione un grande film: la tensione emotiva tra il mostrato/ripreso e il non mostrato/non ripreso. Molti ‘vuoti’ reggono il film. Geniale paradosso per un’arte visiva. Il regista sceglie di non farci vedere i due episodi cruciali.
A. Pensi che finora abbiamo girato attorno al film, che offre molti altri spunti e tutti affrontati con maestria.
B. Proprio per questo possiamo definire Una separazione un capolavoro.


2 commenti:

  1. ciao Eustaki,
    leggo solo ora questo post e devo dire che mi è piaciuto moltissimo.
    Hai ragione, il film iraniano è proprio bello e penso che vincerà l'oscar come miglior film straniero.

    Ottima da parte tua l'idea di una recensione in forma di dialogo e belle anche le immagini scelte anche se con il film hanno poco a che fare.

    Un salutone

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  2. ciao saverio,
    è un po' che non ci si sente

    ti ringrazio per il commento. hai ragione shirin neshat ha poco a che fare con il film in sè, però la cito nel post e a me piace molto, da quando ormai oltre 10 anni fa vidi un suo importante lavoro a pitti immagine discovery.

    a presto

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