LA ROSA DI NESSUNO - 1963
Era da qualche anno che non tornavo ad immergermi nella poesia
di Paul Celan. Poeta conosciuto alla fine del secolo scorso, grazie ad una
bellissima mostra di Anselm Kiefer alla Biennale di Venezia, nelle cui opere
sono molto evidenti le citazioni dei miei amatissimi Mandel’štam e Celine e
dello stesso Paul Celan.
Papavero e memoria è stata la prima raccolta pubblicata dal
poeta ed anche il suo primo libro che ho letto. A seguire Di soglia in soglia e
Grata di parole. Ma è con l’attuale lettura de La rosa di nessuno che posso
dire di essere veramente entrato in contatto con l’universo
poetico-esistenziale di Paul Celan. Ed era da molto tempo che la poesia non mi
trasmetteva una pienezza di soddisfazione come sta avvenendo in questi giorni
di ripetuta lettura dei testi della raccolta e della loro meditata
assimilazione.
Die Niemandsrose esce nel 1963 e nonostante la profonda
tragicità dei temi trattati, in esso si possono trovare anche momenti di
luminoso slancio verso il futuro. Il libro è suddiviso in quatto parti. Nella
prima parte vengono enucleate le varie tematiche in componimenti generalmente
brevi nei quali, specie a livello formale, ben presente è l’influsso di Mandel’štam,
poeta che proprio in quegli anni Celan aveva tradotto e al quale è dedicata la
raccolta. Nella seconda parte l’attenzione si concentra sulla parola e sulla
difficoltà della comunicazione lirica. Si accumulano termini-chiave come
pietra, nulla, vuoto, parola, in poesie che negando cercano disperatamente di
affermare.
La terza sezione è come un momento di pausa, un raccoglimento
che si apre anche agli affetti familiari e che prepara all’ultima sezione,
nella quale il fino ad ora trattenuto lirismo irrompe e il discorso poetico
diventa ‘impazzito d’acqua che straripa’ per citare un verso di Mandel’štam. La
parola, iperconcentrata, esplode frammentandosi in rimandi che penetrano nell’interiorità
storica, psicologica e geografica del poeta. I testi, ora più lunghi, sono
viaggi nel profondo e nel cosmo, secondo un verticalismo che dal sottosuolo
dostoevskiano sale all’etere delle Elegie duinesi di Rilke.
Tornare a Paul Celan è stato molto di più di una lettura. È stata
un’esperienza di completo appagamento.
condivido in maniera completa! ;)
RispondiEliminamilena, che bella sorpresa! ben tornata negli orti
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