Rubens, copia da Leonardo, La battaglia di Anghiari
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Raffaello, Stanza di Eliodoro
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Ottobre 1504, a Firenze si incrociano i tre geni assoluti del
Rinascimento italiano. Leonardo ha 62 anni, è circondato da un’aurea di
rispettata venerazione. Elegante, conscio della sua grandezza, è rientrato in
città dopo le burrascose vicende che stavano insanguinando l’Italia
settentrionale e che lo avevano visto passare di corte in corte fino
all’incarico, ricevuto dal gonfaloniere Soderini, di affrescare il Salone dei
Cinquecento in Palazzo Vecchio per quella che sarebbe stata la sfida del secolo.
Quella con Michelangelo, impegnato anch’egli ad affrescare lo stesso salone.
Michelangelo non ha ancora trent’anni ma è il personaggio del
momento. Reduce dalla Pietà di Roma, è l’unico in grado di tener testa al
celebrato maestro di Vinci. Ha iniziato come pittore ma ha conosciuto la fama
grazie alla scultura ed ha un carattere completamente diverso da Leonardo.
Lunatico, rustico, non veste panni ricercati, fugge la mondanità e i cenacoli di
artisti frequentati da Leonardo. Michelangelo è consapevole della sua grandezza
anche se accessi di umor melanconico lo portano a momenti di smarrimento.
La sfida è sfida a tutti gli effetti. La concezione dell’arte
per i due geni, pur partendo da un comune sostrato culturale neoplatonico, si
manifesta con esiti formali profondamente diversi. Diversi anche dal punto di
vista generazionale, Leonardo aveva subito l’ascesa del giovane Michelangelo
non nascondendo una certa stizza per il fatto che lui, maestro indiscusso
lavorava nella corti periferiche della Padana e non era stato chiamato per
lavorare alla Sistina, il cantiere più
prestigioso dell’epoca e nel quale Michelangelo aveva raggiunto la fama.
L’incarico ricevuto dalla Repubblica sarebbe stata l’occasione per dimostrare
la sua superiorità nei confronti di colui che in fondo era principalmente uno
scultore.
In città non si parlava d’altro, la preparazione per gli
affreschi diventa una vera scuola per gli artisti cittadini e non solo. Proprio
per assistere al cantiere formativo di Palazzo Vecchio giunge in città dai
gioghi umbro-marchigiani un giovane dipintore con una lettera di
raccomandazione al Soderini vergata da Giovanna Feltria, sorella del Duca di
Montefelro. Raffaello Santi è un ventenne che proprio dall’autunno del 1504
inizierà quell’ascesa che lo porterà a vertici artistici assoluti grazie all’elaborazione di un percorso che si
configura come una somma sintesi delle concezioni estetico-formali dei due
maestri.
Gli affreschi di Palazzo Vecchio non avranno una sorte fausta
come l’entusiasmo suscitato. La Battaglia di Cascina di Michelangelo resterà su
cartone, non finita e mai trasferita su parete per la partenza dell’artista per
Roma. La Battaglia di Anghiari, una volta affrescata si deteriorerà subito per
errori tecnici. Ma grazie a tale apprendistato artistico Raffaello formerà
quella personalità che lo condurrà alle Stanze e agli altri capolavori romani.
Michelangelo, Studio per La battaglia di Cascina; Raffaello, Stanza di Borgo
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Grandioso. Dove è possibile reperire dettagli storici su tale argomento? Grazie!
RispondiEliminagrazie anonimo, ma queste sono informazioni che ho sedimentato in anni di letture
RispondiEliminatorna a trovarmi negli orti se ti va
Bell'articolo. Leonardo e Michelangelo però erano più simili di quanto si pensi dal punto di vista artistico, e simile fu il loro volto nella piena maturità come si può scorgere paragonando l'Autoritratto di Leonardo con il ritratto di Michelangelo eseguito da Daniele di Volterra. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo.
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