cinema

sabato 18 maggio 2013

CINEMA IN CLASSE

PRIMA DELLA PIOGGIA
MILCHO MANCHEVSKI - 1994

 
 
 
 

  
Prima della pioggia è un film che ha molti pregi ma anche qualche difetto.

La sceneggiatura, studiatissima e letteraria, si sviluppa in tre capitoli/episodi: Parole; Facce; Immagini. I titoli sono evidenziati con i caratteri bianchi preceduti dai cardinali 1,2,3, proprio come i capitoli di un libro. La struttura è circolare anzi, è un “cerchio che non è rotondo” il cui “tempo non muore” come Padre Marko sentenzia all’inizio del primo episodio.  Astraendo, possiamo sconfinare nella matematica pura e considerare i tre elementi del film come costituenti un insieme  iperreale. In matematica iperreale è un numero appartenente all'insieme R*, una struttura che può essere costruita a partire da R, ma che risulta più ampia rispetto a quella reale.
 
Manchevski elabora  il suo film come una teoria. Vuole mettere in scena la violenza del mondo reale, la brutalità della Storia ma per fare ciò scardina le coordinate della logica e della consequenzialità. In poche parole, la storia raccontata, risultante dall’incastro dei tre addendi filmici, si avvolge su se stessa facendo emergere fastidiose incongruenze temporali. Ed il risultato è opposto a quello che probabilmente voleva ottenere il regista. La violenza mostrata non riesce ad essere un pugno nello stomaco per un eccesso zelo teorico che rende banale proprio quella Storia (le guerre nella ex-Yugoslavia) che invece doveva, nella sua pura e semplice Realtà, restare il tratto sostanziale del film. Non a caso, per colpire, il regista deve ricorrere ad espedienti del tutto marginali rispetto al canovaccio principale, come l’olocausto delle tartarughe o il gatto squassato da una mitragliata.
 
Ma il film è fatto di immagini, suoni, parole e non c’è dubbio che Prima della pioggia sia ben girato. I silenzi del primo episodio, Parole, sottolineati dalle voci della liturgia ortodossa con la mirabile scena della ‘passione’ con le pie donne straziate dal dolore per la morte del familiare; la vita rurale nei villaggi di pastori e i pranzi nell’aia polverosa nell’ultimo episodio sono testimonianza di un certo talento che però sta faticando, dopo questo promettente esordio ormai lontano, a consacrarsi definitivamente.
 
Proposto in una prima superiore, il film non è stato compreso. Alla fine della visione i ragazzi, sconcertati, non sono riusciti a capire quello che avevano visto. È stata necessaria una seconda visione per definire almeno i personaggi principali e, nonostante che il film fosse la conclusione di una serie di lezioni sulla ex-Yugoslavia, non vi hanno trovato una chiave per entrare in quel mondo. In sostanza, non sono stati capaci di decodificare il codice comunicativo utilizzato dal regista. Alla fine è rimasta loro solo l’immagine del gatto, accolta da alcuni con sonore risate, da altri con esclamazioni di sdegno.





1 commento:

  1. bè, se non si trova la chiave di lettura,fallimento totale,purtroppo...ciao amico carissimo come te la passi?

    RispondiElimina