LOUIS MALLE - 1958
Il primo
lungometraggio di Louis Malle si è conquistato la fama di capolavoro da non
mettere in discussione. È senz’altro un bel film ma forse i meriti, alcuni
pregevoli, sono stati eccessivamente enfatizzati. Infatti, ad una prima visione
ci si lascia affascinare dai diversi colpi ad effetto impiegati come fuochi
d’artificio che riescono a distorcere il giudizio in senso entusiasticamente
positivo ma che ad una seconda visione lasciano emergere una sensazione di
effimero che delude.
I due punti
di forza del film sono Jeanne Moreau e Miles Davis.
A partire
dal primissimo piano che occupa l’intero schermo, prima ancora dei titoli di
testa e poi per tutto il film, l’attrice francese sprigiona la passione, la
disperazione, la speranza ed infine la perdizione che una folle amante riesce a
provare nelle varie circostanze in cui si trova coinvolta.
La colonna
sonora appositamente composta dal musicista americano accompagna, connotandoli,
personaggi e momenti salienti del film creando quasi sempre ambienti e
situazioni che superano, in densità e acume, il lavoro del regista. Vedi il
brano che sottolinea la scena dell’omicidio iniziale, riproposto poi
all’interno dell’ascensore. Pezzo perfetto ben più incisivo dell’interpretazione
dell’inespressivo Julien.
Questi due
punti di forza costruiscono la sequenza più bella, in cui Jeanne Moreau
passeggia sullo sfondo di vetrine illuminate lungo i marciapiedi affollati con
Davis che interpreta Florence sur les
Champs-Élysées. É il momento più alto del film, che da solo basta a
giustificarne la fama.
Interessante,
anche se più didascalica, la fotografia. Bianchi e grigi perlacei molto nitidi
e tecnici nelle scene diurne nella sede della società di Carala; grigi
pulviscolari viranti verso i bruni per le strade notturne bagnate dalla pioggia
e verso i chiari all’alba in Boulevard de Grenelle; bianchi e neri fortemente
contrastati nelle scene dell’interrogatorio.
Il resto,
che è poi la struttura del film, scivola nello standard con qualche leggerezza
da opera prima, forse generata dall’entusiasmo di aver girato momenti davvero
sublimi capaci di offuscare, con la loro lucentezza, quello che è proprio di
una narrazione cinematografica di genere, vale a dire il plot. In certi
passaggi esso risulta davvero improbabile, come in tutta la linea narrativa dei
“giovani idioti”. Ed incongruenze emergono pure nello sviluppo del racconto
principale e nella sua conclusione.
Decisamente superiore, per restare nel
genere e in quegli anni e sempre a Parigi, Rififi di Jules Dassin.
Però c’è
quella camminata di Jeanne Moreau e la tromba di Davis…
Questo post è dedicato ad Ilaria
ciao carissimo amico..bel post,che condivido..parlando di grandi francesi.che ne pensi di Clouzot?lievemente precedente,ma fim come "il salario della paura" sono straordinari...che dici?
RispondiEliminabentornato negli orti caro roberto. di clouzot mi era piaciuto molto il corvo. il salario della paura, super classico, non l'ho visto ma seguendo il tuo consiglio lo vedrò presto.
Eliminaciao carissimo..fidati,è splendido,per me il suo miglire..esiste anche un remake di robert aldrich,bello ma non all'altezza dell'originale..poi magari mi dirai.....domanda..fors già fatta,ma la senilità procede implacabile..tu sei su feisbuc?nel caso,passa a trovarmi..magari te l'ho già chiesto,ma son riocoglionito.eh..roberto brasini forli..(così mi rintracci,eventualmente)ciao carissimo
RispondiEliminami dispiace caro roberto, niente feisbuc
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