HUMAN CHAIN - 2010
Seamus Heaney nel 2010 - Foto Peter Everard Smith/The Guardian |
Libro di
fantasmi, l’ultima raccolta del poeta laureato nordirlandese Seamus Heaney.
Pubblicata nel 2010, tre anni prima della morte, Human Chain si muove entro un
perimetro di riferimenti letterari quali Virgilio, innanzi tutto, la poesia
italiana (Dante, Pascoli), le antiche saghe irlandesi, con ovvi ma non
appariscenti riferimenti alla letteratura inglese. Entro questo cortile
letterario il poeta evoca ombre dal passato. Se Enea nel sesto libro
dell’Eneide e Dante nella Commedia entrano nell’oltretomba, Seamus Heaney compie
il percorso opposto, facendo tornare vivide figure morte, siano esse il padre e
la madre, amici e conoscenti vari ma anche personaggi mitici come antichi
monaci ed eroi della tradizione gaelica o i protagonisti de L’isola del tesoro.
Il poeta è
in mansarda, davanti ad una finestra. Una betulla sta tra me e il Mar
d’Irlanda: “A birch tree…/Comes between the Irish Sea and me/ At the attich
skylight”. In questo
spazio che in linea retta è:
chiuso
(mansarda) – poco distante e definito
(betulla) – lontano e indefinito (il
mare / orizzonte),
appaiono i fantasmi che annunciano un prossimo
ricongiungimento.
In tutta la
raccolta aleggia la consapevolezza che il viaggio della vita sta per giungere
alla meta e che la morte, inesorabile, si avvicina ma il tono non è angoscioso.
Le apparizioni di chi ha già compiuto l’ultimo passo sono quasi rassicuranti
nel loro far accettare la morte come momento necessario alla vita stessa. Dopo
tutto siamo anelli di una catena umana, ognuno concluso nella sua circolarità
ma legato al precedente e al successivo. Significative, in tal senso, le dediche
alle nipotine.
Quello di
Heaney è uno sguardo lucido e disincantato che sa rendere poeticamente anche le
avvisaglie della sua fine, come nella bellissima Chanson d’Aventure, tre
componimenti che raccontano la corsa in ambulanza dopo essere stato colpito da
ictus o nei versi toccanti sulla sua incerta condizione in finale di raccolta:
As I age and blank on names/… /As the memorable bottoms out/ (mentre invecchio
e svaniscono i nomi/ ... /mentre i ricordi affondano).
Ma è forse
nella serie di dodici testi che costituiscono Route 110 che si raggiunge il
vertice di Catena umana. Composti da quattro stanze di tre versi ciascuna, le
dodici poesie formano una catena grazie all’espediente della coblas capfinidas
che segue il tragitto dell’autobus che il poeta prendeva da ragazzo da Bellaghy
a Cookstown. Qui il mitico virgiliano si intreccia con la rievocazione del
proprio passato. “It was the age of gosths” dice il poeta a proposito di un
certo periodo, quello dei Troubles nell’Ulster. Ed eccoli i fantasmi di Heaney
ma non spaventano.
Qualche tempo fa ho letto la penultima raccolta di Heaney, “District and Circle”, ne ho anche scritto per il blog. Ho avuto la percezione di un uomo in pace con se stesso e con il proprio passato, che accetta vi sia l’assurdo nella vita ma non ne fa un dramma. La sua mi è parsa una poesia lieve e intelligente. Capisco quando scrivi che i fantasmi di Heaney non spaventano.
RispondiEliminahai colto nel segno
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