cinema

giovedì 28 agosto 2014

SEAMUS HEANEY

CATENA UMANA
HUMAN CHAIN - 2010

Seamus Heaney nel 2010 - Foto Peter Everard Smith/The Guardian
Libro di fantasmi, l’ultima raccolta del poeta laureato nordirlandese Seamus Heaney. Pubblicata nel 2010, tre anni prima della morte, Human Chain si muove entro un perimetro di riferimenti letterari quali Virgilio, innanzi tutto, la poesia italiana (Dante, Pascoli), le antiche saghe irlandesi, con ovvi ma non appariscenti riferimenti alla letteratura inglese. Entro questo cortile letterario il poeta evoca ombre dal passato. Se Enea nel sesto libro dell’Eneide e Dante nella Commedia entrano nell’oltretomba, Seamus Heaney compie il percorso opposto, facendo tornare vivide figure morte, siano esse il padre e la madre, amici e conoscenti vari ma anche personaggi mitici come antichi monaci ed eroi della tradizione gaelica o i protagonisti de L’isola del tesoro.

Il poeta è in mansarda, davanti ad una finestra. Una betulla sta tra me e il Mar d’Irlanda: “A birch tree…/Comes between the Irish Sea and me/ At the attich skylight”. In questo spazio che in linea retta è:

chiuso (mansarda) – poco distante e definito (betulla) – lontano e indefinito (il mare / orizzonte),

 appaiono i fantasmi che annunciano un prossimo ricongiungimento.

In tutta la raccolta aleggia la consapevolezza che il viaggio della vita sta per giungere alla meta e che la morte, inesorabile, si avvicina ma il tono non è angoscioso. Le apparizioni di chi ha già compiuto l’ultimo passo sono quasi rassicuranti nel loro far accettare la morte come momento necessario alla vita stessa. Dopo tutto siamo anelli di una catena umana, ognuno concluso nella sua circolarità ma legato al precedente e al successivo. Significative, in tal senso, le dediche alle nipotine.

Quello di Heaney è uno sguardo lucido e disincantato che sa rendere poeticamente anche le avvisaglie della sua fine, come nella bellissima Chanson d’Aventure, tre componimenti che raccontano la corsa in ambulanza dopo essere stato colpito da ictus o nei versi toccanti sulla sua incerta condizione in finale di raccolta: As I age and blank on names/… /As the memorable bottoms out/ (mentre invecchio e svaniscono i nomi/ ... /mentre i ricordi affondano).


Ma è forse nella serie di dodici testi che costituiscono Route 110 che si raggiunge il vertice di Catena umana. Composti da quattro stanze di tre versi ciascuna, le dodici poesie formano una catena grazie all’espediente della coblas capfinidas che segue il tragitto dell’autobus che il poeta prendeva da ragazzo da Bellaghy a Cookstown. Qui il mitico virgiliano si intreccia con la rievocazione del proprio passato. “It was the age of gosths” dice il poeta a proposito di un certo periodo, quello dei Troubles nell’Ulster. Ed eccoli i fantasmi di Heaney ma non spaventano.


2 commenti:

  1. Qualche tempo fa ho letto la penultima raccolta di Heaney, “District and Circle”, ne ho anche scritto per il blog. Ho avuto la percezione di un uomo in pace con se stesso e con il proprio passato, che accetta vi sia l’assurdo nella vita ma non ne fa un dramma. La sua mi è parsa una poesia lieve e intelligente. Capisco quando scrivi che i fantasmi di Heaney non spaventano.

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