cinema

mercoledì 3 settembre 2014

ASCENSORE PER IL PATIBOLO

ASCENSEUR POUR L'ÉCHAFAUD 

LOUIS MALLE - 1958







Il primo lungometraggio di Louis Malle si è conquistato la fama di capolavoro da non mettere in discussione. È senz’altro un bel film ma forse i meriti, alcuni pregevoli, sono stati eccessivamente enfatizzati. Infatti, ad una prima visione ci si lascia affascinare dai diversi colpi ad effetto impiegati come fuochi d’artificio che riescono a distorcere il giudizio in senso entusiasticamente positivo ma che ad una seconda visione lasciano emergere una sensazione di effimero che delude.

I due punti di forza del film sono Jeanne Moreau e Miles Davis.

A partire dal primissimo piano che occupa l’intero schermo, prima ancora dei titoli di testa e poi per tutto il film, l’attrice francese sprigiona la passione, la disperazione, la speranza ed infine la perdizione che una folle amante riesce a provare nelle varie circostanze in cui si trova coinvolta.

La colonna sonora appositamente composta dal musicista americano accompagna, connotandoli, personaggi e momenti salienti del film creando quasi sempre ambienti e situazioni che superano, in densità e acume, il lavoro del regista. Vedi il brano che sottolinea la scena dell’omicidio iniziale, riproposto poi all’interno dell’ascensore. Pezzo perfetto ben più incisivo dell’interpretazione dell’inespressivo Julien.

Questi due punti di forza costruiscono la sequenza più bella, in cui Jeanne Moreau passeggia sullo sfondo di vetrine illuminate lungo i marciapiedi affollati con Davis che interpreta Florence sur les Champs-Élysées. É il momento più alto del film, che da solo basta a giustificarne la fama.

Interessante, anche se più didascalica, la fotografia. Bianchi e grigi perlacei molto nitidi e tecnici nelle scene diurne nella sede della società di Carala; grigi pulviscolari viranti verso i bruni per le strade notturne bagnate dalla pioggia e verso i chiari all’alba in Boulevard de Grenelle; bianchi e neri fortemente contrastati nelle scene dell’interrogatorio.

Il resto, che è poi la struttura del film, scivola nello standard con qualche leggerezza da opera prima, forse generata dall’entusiasmo di aver girato momenti davvero sublimi capaci di offuscare, con la loro lucentezza, quello che è proprio di una narrazione cinematografica di genere, vale a dire il plot. In certi passaggi esso risulta davvero improbabile, come in tutta la linea narrativa dei “giovani idioti”. Ed incongruenze emergono pure nello sviluppo del racconto principale e nella sua conclusione. 
Decisamente superiore, per restare nel genere e in quegli anni e sempre a Parigi, Rififi di Jules Dassin.


Però c’è quella camminata di Jeanne Moreau e la tromba di Davis…






Questo post è dedicato ad Ilaria

4 commenti:

  1. ciao carissimo amico..bel post,che condivido..parlando di grandi francesi.che ne pensi di Clouzot?lievemente precedente,ma fim come "il salario della paura" sono straordinari...che dici?

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    1. bentornato negli orti caro roberto. di clouzot mi era piaciuto molto il corvo. il salario della paura, super classico, non l'ho visto ma seguendo il tuo consiglio lo vedrò presto.

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  2. ciao carissimo..fidati,è splendido,per me il suo miglire..esiste anche un remake di robert aldrich,bello ma non all'altezza dell'originale..poi magari mi dirai.....domanda..fors già fatta,ma la senilità procede implacabile..tu sei su feisbuc?nel caso,passa a trovarmi..magari te l'ho già chiesto,ma son riocoglionito.eh..roberto brasini forli..(così mi rintracci,eventualmente)ciao carissimo

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  3. mi dispiace caro roberto, niente feisbuc

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