L’ultima ‘fatica’
di Eco è puro divertissement. Un romanzetto televisivo che si consuma in un
lampo come la lettura ”di una rivista per coiffeuse pour dames e sale d’aspetto
dei dentisti”, per citare lo stesso Eco. O meglio, come lo script di una
trasmissione di approfondimento tipo Rai Storia oggi, Rai Tre nel ’92, per dare
un senso all’aggettivo televisivo. E nelle ultime pagine si verrà a sapere che
tutte le colpe – o i meriti – sono, guarda caso, di Corrado Augias e del suo
Telefono Giallo.
A tal proposito, ricordo una puntata di quella trasmissione
targata Guglielmi in cui si affrontava un fatto di cronaca, avvenuto la notte
di San Giovanni nella necropoli etrusca di Veio. Un ospite in studio metteva in
evidenza che “proprio nella stessa notte inizia l’ultimo romanzo di Umberto Eco”,
e Augias ammetteva candidamente di non saperlo.
La lettura
di Numero Zero è spassosa. Le riunioni di redazione che vogliono attuare
campagne diffamatorie, strumentalizzazioni, allusioni surrettizie sono quelle
già descritte, per non andare troppo lontano, da Bellocchio in Sbatti il mostro
in prima pagina. Anche se il regista usava una chiave politico-psicologica,
mentre Eco usa il registro semiologico-enigmistico, molto più adatto ad una
graphic novel.
Altro tema
è quello del complotto, chiodo fisso di Eco, che se la cava da maestro nel
condensare in poche pagine tutti i misteri d’Italia, dalla morte di Mussolini alla
strage di Capaci. È questa la parte migliore del romanzetto, che viene narrata
dal giornalista Braggadocio.
Interessante sarebbe fare l’indice dei nomi
citati, tra i quali salterebbe agli occhi un’assenza. Quella di Mino Pecorelli,
ma forse proprio il giornalista di OP potrebbe celarsi dietro al vero Tusitala
di Numero zero, Braggadocio, appunto. Il quale, tra l’altro, ripesca, genialmente,
la storia di Antonio Boggia.
Se questa è
la parte riuscita, debole, debolissima è la vicenda ‘rosa’ che lega il
narratore principale a Maia. Nelle battute finali assistiamo ad un dialogo che
annovera battute quali: “Il mondo è un incubo amaro. Io vorrei scendere, ma mi
hanno detto che non si può, siamo su un rapido senza fermate intermedie”.
La lettura
di Numero Zero è divertente, gustosa, intelligente, vera letteratura di consumo
ma non definiamolo un capolavoro. Sciascia, per fare un esempio, è ben altra
cosa.
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