Come nella
più classica tradizione lirica, è il dolore che ispira Sufjan Stevens. Dolore causato
da una perdita, quella della madre. L’assenza suscita il ricordo, legato a
momenti e luoghi precisi. Carrie&Lowell vive di questi momenti ma non solo.
Il fatto
più naturale del mondo, la morte, resta in un angolo oscuro, remoto,
indefinito, fino a quando non lo sperimentiamo direttamente. Allora il mistero
acquisisce la forza della realtà effettuale e impone domande.
Stevens costruisce
il suo ultimo album su queste domande che lo portano a confrontarsi con gli elementi
della cultura e della spiritualità. Ecco che, oltre alla situazioni del
passato, oggettivate nel paesaggio dell’Oregon, si fanno fitti i riferimenti
alle Scritture e alla mitologia classica.
Questo materiale,
che è sia concreto che intellettuale, viene assimilato e ricomposto da Sufjan Stevens
in chiave esistenziale, in testi che hanno un’origine profondamente personale
ma che l’autore, con delicata maestria, riesce a rendere universali.
Le liriche
esprimono al meglio questo insieme di ispirazione, le musiche e il canto sono
perfettamente funzionali alle intenzioni. Ne scaturisce un album che da subito
si afferma come un classico della cultura popolare. Carrie&Lowell supera i
confini della ‘musica rock’ e allo stesso tempo ne rimane all’interno. Si può
dire che risulta essere tra le manifestazioni più rappresentative di un intero
genere, tale da costituirne una delle sue forme canoniche.
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