AMALASSUNTE - 1945-1950
“Questo è
il cantare uterino di una folle” ebbe a dire Montale del romanzo, ancora
inedito, che l’amico Tom gli aveva chiesto di leggere. Effettivamente siamo di
fronte ad una follia visionaria, ed anche uterina, costruita con la solita
ricercata perfezione linguistica di Landolfi, molto vicina alla prosa
leopardiana.
Se per la
tematica trattata La pietra lunare turbava Montale, figuriamoci l’accoglienza
ricevuta presso la comunità letteraria di quei tardi anni Trenta. Landolfi si
spinge ben oltre il limite dell’oscenità consentito e la forza del romanzo è
ancora oggi stupefacente quanto poco riconosciuta. (non si capisce perché non
vengano proposti nelle scuole superiori brani dell’autore di Pico; un racconto
come La moglie di Gogol farebbe innamorare gli studenti…).
Il romanzo
ha come protagonista Giovancarlo, “studente ormai del second’anno”, che torna
al paese di origine per trascorrervi le vacanze estive. Il suo ingresso a casa
dello zio è giocato tutto sul registro di un realismo ironico. Vengono messi in
evidenza, come attraverso una lente d’ingrandimento, i parenti seduti attorno
al tavolo, le loro espressioni, i comportamenti. Landolfi assegna ad ognuno un
tic, un’espressione, un atteggiamento che si reiterano nel corso dell’incontro.
Emerge così il vuoto della quotidianità ripetitiva che degenera poi, su
maliziosa sollecitazione di Giovancarlo, in una ridda feroce fatta di
maldicenze e cattiverie.
Giovancarlo,
studente e soprattutto poeta, timido e impacciato, non può che sentirsi
estraneo all’ambiente paesano, ma proprio quando la serata volge al termine,
ecco l’apparizione di Gurù. Ragazza dagli occhi “accesi di riflessi violacei e
profondi” che all’istante ammalia lo studente e d’un subito capovolge la
situazione stantia, dominata da un “odore pesante d’avanzi di lavatura di
piatti e d’insetti domestici”, per aprire ad un nuovo scenario
erotico-fantastico nel quale il naufragar sarà dolce.
Dolci e
lunari e inquietanti come Gurù le Amalassunte di Osvaldo Licini, il quale così
le descrive: “L’Amalassunta è la luna
nostra bella, garantita d’argento per l’eternità, personificata in poche
parole, amica di ogni cuore un poco stanco, perdutamente inabissata tra un seno
a l’altro come ogni donna “.
La tua bella interpretazione de ”La pietra lunare” mi riporta alla mia lettura, avvenuta ormai una quindicina di anni fa. Lo ricordo come un bellissimo libro in cui il fantastico irrompe con la leggerezza di un sogno. La prosa di Landolfi, che tu giustamente riconosci di matrice leopardiana, è raffinata e potente. Autore da riscoprire, purtroppo dimenticato, in un paese che versa nel dissesto culturale che sappiamo. Bello l’accostamento con i dipinti di Licini.
RispondiEliminaciao ettore, sono contento che tu abbia gradito l'accostamento. landolfi è un grande. io lo accosto a rodolfo wilcock.
Eliminasaluti eustaki
Anch'io ho letto La pietra lunare per ritrovare nella letteratura la bellezza delle montagne, dei boschi e della luna. Apparizioni che trasformano la realtà in sogni.
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