cinema

domenica 6 marzo 2011

JOHN FORD / ROBERT RODRIGUEZ

THE GRAPES OF WRATH / MACHETE
J. FORD - 1940 / R. RODRIGUEZ - 2010

Settant’anni dividono questi due film, che mostrano due monti profondamente diversi a spettatori profondamente diversi. Epperò, epperò…

Il primo quarto d’ora di Machete è fulminante. Possiamo dividerlo in tre parti. L’antefatto, i titoli di testa, e i pochi minuti di sequenze che mettono in scena tutti gli ingredienti che verranno sviluppati nel film, con non altrettanta incisività tecnico-affabulatoria. Sarebbero bastati questi tre capitoletti iniziali per trasmettere tutto lo spirito di Machete. Eccoli velocemente riassunti. Subito il protagonista in campo, eroe positivo messo alle corde da una banda di cattivi. La prima scena nella casa dell’orrore è veramente magistrale con arti e teste che saltano, sangue che imbratta, cellulari che vengono sfilati da nascondigli anatomici impensabili. Rapidità, polvere mischiata a liquidi biologici, stupefazione e infine il fuoco, l’ecpirosi che cancella tutto. Titoli di testa, pieno revival, immagini pop ipercolorate a monocromi alla Warhol, carrellata degli attori come poster, caratteri sparati. Gran bel cast, niente da dire. Terza parte: tre anni dopo l’incipit, The Border, ovvero la frontiera USA-Mex. Scatta la denuncia sociale e l’aggancio all’attualità. Atroce la caccia al latino, efficace lo spot elettorale razzista. E qui finisce il film che a parte i bei corpi femminili e una esilarante eviscerazione funzionale ad una fuga rocambolesca, regala solo una serie di cliché di genere.


Con John Ford siamo in piena depressione. Anche qui polvere e sangue, la polvere della desertificazione delle pianure ad ovest del Mississippi e il sangue versato dalle migliaia di disperati che migrano verso la California. Splendido l’inizio, l’immagine di apertura condensa tutto lo spirito del film. Spazio sconfinato la cui profondità è data dalla fuga verso l’orizzonte di una strada polverosa che si perde nella pianura, bilanciata dalle linee verticali dei pali a sostegno dei cavi elettrici e in questa vastità silenziosa e sconsolata, un uomo, solo, cammina, perduto nel vuoto. È veramente il segno di un luogo, di un’epoca. Segue il film ed è il più tipico John Ford che conosciamo, che legge il più classico John Steinbeck che conosciamo, quindi sappiamo già come andrà a finire, con l’immagine finale che riprende l’inizio, l’uomo solo lungo una strada. La scena finale del romanzo sarebbe stata troppo devastante per un prodotto hollywoodiano del 1939, quindi si opta per un’altra conclusione. Scena su cui invece Rodriguez si sarebbe buttato senza esitazioni.


Ma stile e sensibilità a parte, ecco cosa lega due opere così diverse e lontane, il California dreaming e la soprafazione, il razzismo e l’umiliazione. Due film che sono anche denunce politico-sociali. Cambiano i personaggi, gli Okies negli anni Trenta, i Latinos oggi, il progressismo tradizionalista di Ford, il linguaggio meta-cinematografico di Rodriguez ma sembra proprio che per chi resta ai margini del sistema settant’anni di ‘sviluppo’ non abbiano portato nessun cambiamento.

9 commenti:

  1. caspita, che accostamento importante! non pensavo, ho lì machete da un po' per serata pizzebbirra, e leggere queste cose mi spiazza un po'...
    vedrò di guardarlo con attenzione :)

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  2. Non posso fare i confronti perché Machete non l'ho ancora visto. Spero di farlo a breve anche perché finalmente vedrò un attore, rimasto sempre in secondo piano, che guadagna la scena come protagonista. Per il primo, posso solo dire che è uno dei pochi film, visto dopo aver letto e riletto, molto volentieri il libro di uno dei miei autori preferiti, che non m'abbia deluso, e come avrebbe potuto il grande Ford?
    ... che frame...

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  3. ti confesso che mi sei parecchio d'ispirazione in questi ultimi tempi... grazie! :)

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  4. Ciao caro, Un saluto te lo devo proprio

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  5. L'incontro di stamani è stato molto interessante, soprattutto per gli accostamenti che hai saputo creare. Il tempo è volato, credo anche per i ragazzi. Peccato per Furore, di cui volevo vedere la fine. Sull'archivio della Magnum puoi trovare molto materiale sul tema. http://www.magnumphotos.com

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  6. @ roby, machete pizzebbirra va benissimo

    @ anto, sai che se passi dagli orti sei sempre benvenuto. a proposito, l'ultima civetta del verna fa stiantà, a livorno siete troppo forti (a parte i virginiana). saluti a mamma franca

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  7. @ milena, mi fa troppo piacere sapere che sono una tua fonte d'ispirazione, proprio molto piacere.un saluto viola...

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  8. @ clandestina, che sorpresa trovarti negli orti!
    venerdì la lezione sarà più seria, partirò con i simpson.

    a venerdì

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  9. azz...grazie eustaki...ma, senti un po'... mamma franca è sempre viva ? :))

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