cinema

domenica 20 novembre 2011

NITIN SAWHNEY

LAST DAYS OF MEANING
NITIN SAWHNEY - 2011




È da qualche anno che seguo Nitin Sawhney e adesso mi gusto il suo ultimo lavoro. Lavoro molto meditato, un concept che segue i pensieri e gli stati d’animo di Donald Meaning, un incattivito uomo del nostro tempo che vive rinchiuso in casa a inveire contro il mondo. Un uomo solo, abbandonato dalla moglie che gli ha lasciato un registratore con un demotape che contiene la serie di canzoni che costituisce l’album. Le canzoni, intervallate dalle imprecazioni di Meaning, interpretato dal grande attore John Hurt, ricostruiscono un’esistenza, un percorso che si chiuderà proprio con un’apertura verso il mondo, la luce, il sole. Last days è un bel disco, il più maturo del compositore inglese. L’idea del concept riprende quanto già sperimentato in London Undersound del 2008, album interessante ma non pienamente calibrato. Anche lì c’era l’idea di intervallare le traks da interludi, in quel caso situazionali-ambientali  rumoristici, legati alla metropolitana londinese.

Questo progetto è invece più omogeneo, studiatissimo in ogni particolare, con alcuni brani davvero belli. Nitin è autore dei testi, delle musiche, produce, arrangia e suona vari strumenti (chitarre, basso, banjo, ukulele, piano, programmazioni elettroniche…). La strumentazione è ampia e policroma e va dagli archi classici alle percussioni agli strumenti della tradizione indiana. Impeccabili tutti i collaboratori, cantanti e musicisti, tra i quali spicca il giovane ma già riconosciuto ‘grande Maestro’ Soumik Datta, virtuoso del sarod, strumento a corde dell’Hindostan.

Musicalmente l’album è il tipico crossover di Sawhney, sia tra vari generi musicali che tra aree geografiche e culturali. Si parte con un diabolico blues con tanto di armonica e la potente voce di Yolanda Quartey e a seguire brani che mescolano oriente e occidente, ambient e cadenze urban, ballate pianistiche e pop songs etnoelettroniche.

Last Days of Meaning va ascoltato tutto di seguito per coglierne l’impianto unitario di base sul quale si innestano i veri episodi esistenziali. Tra di essi mi piace ricordarne in particolare due, Say you will, con un sarod che mi ha istintivamente riportato a un brano di Eno del 1978 a cui sono molto legato; Taste the air con Natty vocalist a ripetere il miglior brano di London Undersound, Days of fire.

2 commenti:

  1. Ciao Eustaki, è da un po' che non ci sentiamo.
    interessante questo Nitin che non conoscevo.
    Nel post leggo di un riferimento a Brian Eno, che a me piace molto. A quale brano ti riferisci?

    fammi sapere

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  2. ciao saverio, ben tornato.
    come stai?

    per il rifermento a eno, ho in mente un post a breve, quindi non ti dico altro

    a presto

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