Mario Schifano, Ritratto di Andrea Zanzotto - 1995
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Il sapere e la comunicazione sono al centro di Pasque, che
Zanzotto pubblica nel 1973 e che raccoglie ventidue componimenti divisi
simmetricamente in due sezioni con un calligramma a fare da cerniera.
Memore anche dell’ultima produzione di Paul Celan, Zanzotto
spinge ulteriormente avanti la sua ricerca sul linguaggio rispetto alle
raccolte precedenti ed entrano con sempre maggiore frequenza nel corpo del
testo segni grafici, simboli, caratteri tipografici particolari.
Il testo poetico zanzottiano traslittera verso una costruzione
che si fa visiva, concettuale, fenomenica oltre che sonora e lirica. La ormai
tipica dicotomia tra sapere pedagogico-didascalico e sapere
esperienziale-naturalistico ha in Pasque la sua definizione in standard.
Nella prima parte infatti prevalgono i temi del sapere
intellettualistico e della sua metodologia di acquisizione, con la natura e il
paesaggio a costituire lo sfondo, a volte vicino altre più lontano, visto da un
oblò di astronave che parte per lo spazio, come nella fondamentale Misteri della pedagogia che apre la
raccolta. Nella seconda parte il paesaggio occupa invece il proscenio e tornano
i luoghi ben definiti dello spazio vitale di Zanzotto. I colli, i boschi, il
fiume, quell’hortus conclusus di Pieve di Soligo sempre più esposto alle
contaminazioni della modernità. È in alcuni momenti di questa seconda parte che
si affacciano quelle istanze ecologiste che acquisteranno maggiore peso nella
produzione successiva.
Al centro di questo doppio canale di apprendimento, che procede
dalla cultura e dalla natura, vi è l’io-uovo, vi è la pasqua, momento di
passaggio, perno su cui ruota la raccolta. Ed è il linguaggio che lega le due
sezioni, nel suo progressivo fluire, nella successione dei componimenti, da
campi tecnico-pedagogici, della medicina, della biologia e della linguistica ad
astrazioni foniche e grafiche quasi regressive.
La lettura di Zanzotto si fa sempre più impegnativa, proprio a
partire da Pasque. E questa difficoltà di fruizione rappresenta il limite
maggiore della poesia zanzottiana ma per chi decide di affrontarla i piaceri
che ne derivano sono tra i più profondi della lirica contemporanea.
i
cuori – sì i cuori
le
menti – sì le mentie tolgono respiro e sostegno alle colline
e non parano le frane
non rassodano non pagano
(e sbattono le porte
e stridono le piogge
e volano le tegole
e – sotto vento –
i meli i meli e poi più).
da Misteri della pedagogia, Pasque, Mondadori
Mario Schifano, Ritratto di Andrea Zanzotto, 1995
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Giò Pomodoro, Sovraesistenze, 1976 - Litografia ispirata a Pasque |
Interessante citazione poetica. Tornerò a leggere Zanzotto. Grazie e Buona Pasqua.
RispondiEliminaBella lettura, Eustaki, Zanzotto è un poeta esemplare. Straordinario- e forse elitario- il suo lavorio sulla parola. Un saluto.
RispondiElimina@ massimo, letto un po' in ritardo il tuo commento. comunque grazie per la buona pasqua o meglio, visto il post, per le buone pasque.
RispondiEliminaciao ettore, sì, zanzotto è elitario. ci sarebbe da affrontare un lungo discorso sulla fruizione della poesia. chi sono oggi i lettori di poesie? qual è la ricezione di un testo? a chi interessano veramente temi come questi?
RispondiEliminaun saluto affettuoso