DAMON ALBARN - 2012
Acqua che scorre, fischiare di merli, campane e il lento
incedere dell’orchestra. È l’ouverture del concept Dr. Dee di Damon Albarn. Da Parklife
a Think Tank, dal Mali a Gorillaz abbiamo sempre considerato Damon la migliore
mente della sua generazione.
Figlio di Keith Albarn, manager dei Soft Machine, Damon ha
respirato fin da piccolo quanto di meglio offrisse lo scenario musicale inglese
e proprio un’aura wyattiana circonfonde il suo ultimo lavoro solista. Un’aura, un’atmosfera
progressive che si accentua specie nei momenti in cui è lo stesso autore che canta rarefatte
ballate che svolgono funzione di raccordo tra gli episodi ‘rinascimentali’ del
disco.
L’uscita di questo disco ha confermato la statura e l’non convenzionalità
dell’ex enfant-prodige del britpop ora artista a tutto tondo, produttore e
sperimentatore impegnato in svariati progetti. Per quanto mi riguarda, sapere
che un musicista che seguo da sempre e che amo componga un lavoro che narra la figura di John Dee mi ha positivamente
sorpreso, riempiendomi di felicità e ammirazione. Questo perché quella di John
Dee è stata una figura che in gioventù aveva stimolato la mia curiosità e con
questo disco sono tornate alla mente antiche letture, in particolare i saggi di
Frances Amelia Yates sull’occultismo elisabettiano o di Panofsky sulla
melanconia. Ed è questo che racconta, attraverso la musica, Damon Albarn.
Dee come emblema della nascente idea di nazionalità britannica.
Dee come emblema della mutevolezza delle fortune umane. Il progetto è ambizioso
ma non eccessivamente intellettualistico
e questo lo salva, facendolo restare a metà strada tra la musica colta
contemporanea e il pop. Se vogliamo
potremmo definirlo un disco di un musicista intelligente e ispirato il
quale, incuriosito da un personaggio e da un’epoca, cerca di ricrearli
attraverso la sua cultura che è eminentemente pop. Intendendo con questo
termine tutto ciò che non è classico.
Pur essendo complesso e ricercato, Dr Dee non risulta eccessivamente
colto e tanto meno pretenzioso. Albarn, da profano e non da studioso, è rimasto
colpito da John Dee, ha letto qualche libro e ha cercato di ricreare una certa
atmosfera con i mezzi a sua disposizione, che sono quelli di un musicista
pop-rock, supportati dall’intuito e dalla curiosità che lo contraddistinguono.
Il risultato è un concept affascinante, controcorrente e con
momenti di alto lirismo.
John Dee in un'incisione di Franz Cleyn, XVII secolo |
non saprei..mi piace Damon,mi piacevano i blur..trovo sia un personaggio interessante..peccato certe cadute di pura furbizia tipo gorillaz o the bad ande the good ecc...
RispondiEliminagrandissimo damon, mio idolo personale assoluto.
RispondiEliminaperò questo disco mi annoia... sigh :(
ciao roberto,
RispondiEliminaper quanto mi riguarda, albarn non si discute. gorillaz è una furbata ma è furbata intelligente e piacevole. the bad.. è un progetto meno riuscito, nonostante i due clash. il disco africano mali's music è un capolavoro. per me è stato un disco molto importante di quelli da ascolto continuo
un abbraccio
marco,
RispondiEliminapiù lo ascolto e più lo trovo bello. specie i pezzi in cui canta damon. 5 stelle su cinque