cinema

mercoledì 23 maggio 2012

VUSI MAHLASELA

SAY AFRICA
VUSI MAHLASELA 2010 - 2012




Ad aprire le porte delle charts di tutto il mondo alle sonorità africane è stato l’album Graceland di Paul Simon, anticipato dal progetto WOMAD di Peter Gabriel. Due grossi nomi che hanno contribuito a far conoscere al grande pubblico la World Music e in particolare hanno permesso l’affermazione di tanti musicisti africani.

In quegli anni si formava da autodidatta Vusi Mahlasela che avrebbe abbracciato la lotta di Mandela per la liberazione del suo paese, il Sudafrica. Attivista politico, musicista, poeta e soprattutto cantante e cantore delle grandi conquiste sudafricane, Vusi si è imposto, dai primi anni Novanta come The Voice, la voce, come viene chiamato nel suo Paese. Ma è solo da pochi anni che la sua notorietà valica i confini africani. Un musicista attento come Taj Mahal, con già all’attivo le collaborazioni con i due giganti Ali Farka Touré e Toumani Diabaté, decide di produrre un album con il cantante sudafricano e nasce così Say Africa, composto nel 2010 e registrato l’anno successivo in Virginia e ora distribuito worldwide.

14 corpose tracks, Say Africa colpisce per la ricchezza della strumentazione dispiegata e per la freschezza complessiva del lavoro. Non si tratta di un disco rivoluzionario, anzi la sua forza e forse anche il suo limite è di dare struttura a trent’anni di World Music offrendo un prodotto con il quale l’ascoltatore entra immediatamente in sintonia, grazie alla professionalità di realizzazione.

Sono tutti bravi in Say Africa, Vusi ci crede ma affiora dalla produzione un senso di ricerca della ‘perfezione media’ in grado di giungere ad un pubblico il più vasto e globalizzato possibile. Questo non è un male in sé ma ciò limita la ricerca di soluzioni meno facili e più libere e innovative.

Non c’è dubbio che l’ascolto  di Say Africa riporti inevitabilmente al fondamentale Graceland di Paul Simon e il legame tra i due album è dato dalla presenza, in entrambi, del bassista Bakithi Kumalo. Ma anche il timbro vocale di Vusi ricorda quello del musicista americano. Detto questo, l’album costituisce comunque una gradevolissima sorpresa , con alcuni momenti pienamente riusciti. Tra questi Umalume, allegra ma velata dalle note struggenti e nostalgiche della chitarra, la corale Mokalanyane o Ode to Lesego, con testo del poeta Thabang Chiloane. Apprezzabili anche le incursioni di Taj Mahal con benjo e chitarra ed anche voce nella bella In anyway, dove in pieno Transvaal giunge a scorrere il Mississippi. Ma questo lo cantava anche Simon :

The Mississippi delta
Was shining like a national guitar
I am following the river
Down the highway through the cradle of the Civil War


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