Dopo il clamoroso exploit di Una separazione, Asghar Farhadi trova capitali francesi e per la
prima volta gira fuori dall’Iran. Come già nel film precedente, la famiglia è
al centro della storia, scritta e sceneggiata dallo stesso regista.
Molto sicuro di sé, Farhadi gira in Francia come se fosse
l’Iran e Parigi non è tanto diversa da Teheran. E già questo non farsi
intimidire dal peso del Paese europeo è un punto a suo favore. Di francese c’è
solo la brava Bérénice Bejo. I personaggi infatti hanno le più diverse origini (Samir,
Ahmad, Naima, Shahryar, Fouad), come si conviene ad ogni metropoli globale, ma
le dinamiche sono sempre le stesse. Donne isteriche e stressate; compagni
depressi, assenti e comunque indecisi; figli abbandonati a loro stessi che
sviluppano presto gli anticorpi per affrontare il duro squallore della vita.
Il passato è costruito per slittamenti. Da un
personaggio all’altro, da un’interrelazione all’altra (tra due ex compagni, tra
due rivali in amore, tra madre e figlia, tra titolare e commessa…) si susseguono
a cascata le menzogne, i segreti traditi, le verità taciute, in un sovrabbondanza
di situazioni che sono allo stesso modo banalmente quotidiane ed eccessivamente
estreme. Il film lascia la sensazione di essere troppo farcito.
Se in Una
separazione le due famiglie opposte erano narrate con mano perfettamente
equilibrata, il ménage allargato de Il passato è più difficile da tenere sotto
controllo.
a me invece è piaciuto persino più di una separazione...
RispondiEliminaben ritrovato marco. forse mi aspettavo troppo, è comunque un buon film
RispondiEliminaa presto