ANDREJ BELYJ - 1913
Già l’oggetto-libro,
di per sé, vale l’acquisto, anche solo per guardarlo e tenerlo tra le mani. La casa
editrice Adelphi compie un’opera meritoria, di quelle che fanno cultura,
ripubblicando il romanzo Pietroburgo di Andrej Belyj, uscito nel 1961 da
Einaudi, curato da Angelo Maria Ripellino.
Non solo il
romanzo è un capolavoro ma anche la traduzione del grande slavista è un
esercizio di tale bravura da costituire a sua volta un magistrale uso della
lingua italiana, vicino a quella lingua che negli stessi anni scrittori come
Gadda, Landolfi, Savinio e Longhi si divertivano a reinventare. Ripellino dedica
anche un saggio-introduzione al romanzo qui riproposto. Perfetta la scelta di Rodčenko, un Rodčenko molto prossimo a Malevič.
Personalmente
mi sono avvicinato a Pietroburgo attirato proprio dall’oggetto-libro ed ho
cominciato a leggerlo senza avere alcun ragguaglio né sull’argomento né sull’autore
che non fossero le informazioni ricavate dagli amati Nabokov e Mandel'štam, oltre all’esiguo
carteggio tra Florenskij e lo stesso Belyj.
La lettura
è stata una magnetica sorpresa. Pietroburgo è un vortice, una sinfonia in cui
il testo si trasforma in spartito. Giunto alla fine, stordito da tanta potenza,
ho letto il saggio di Ripellino che subito mi ha spinto ad iniziare di nuovo il
romanzo. A seconda lettura il piacere è stato immenso. Non essendoci più la
componente sorpresa, ne ho gustato ogni riga, ogni sfumatura.
Devo dire
che nella mia esperienza di lettore non era mai accaduto di divorare un ‘romanzo
in prosa’ una volta di seguito all’altra. Proprio come per le opere musicali,
per comprendere le quali sono necessari vari ascolti per apprezzare al meglio i
segreti della partitura o come per le opere di poesia per cui bisogna ripetere molte
volte e ad alta voce il testo, Pietroburgo si assapora per assaggi successivi. E
come per una partitura si succedono ed intrecciano leitmotiv, frasi, moduli
espressivi che tornano e ritornano, uguali o variati a seconda dei punti di
vista.
Si può
parlare di scrittura simbolista, futurista, cubista. Si può parlare di realismo
ottocentesco contaminato dal suprematismo, di nichilismo mistico, di
reinvenzione della grande tradizione russa. Le etichette non servono. Serve la
lettura, per lasciarsi scivolare dentro al gorgo, per farsi “agglutinare come
uova di pesce” nell’alone magico dei personaggi, della topografia
pietroburghese, delle invenzioni linguistiche.
me lo sono segnato :)
RispondiEliminafranz, te lo consiglio
RispondiEliminame lo segno,nel frattempo tantissimi auguri!!
RispondiEliminaciao brazzz, era un po' che non ti facevi vivo. auguri anche a te
Eliminacosa vuoi,il blog ormai l'ho praticamente abbandonato(poco tempo e poca voglia)..restano, e non è poco,gli amici che mi ha fatto conoscere....a presto e buon anno carissimo..!!
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