cinema

domenica 5 aprile 2015

GEORGES SIMENON

L'UOMO DI LONDRA, 1933





Louis Maloin è addetto agli scambi alla stazione marittima di Dieppe, dove

attraccano i traghetti che provengono dall’Inghilterra. Fa il turno di notte

e la sua vita segue, al minuto, lo stesso ritmo da anni.

“Avevano cenato alle sette, come al solito”. 
 
“La sera quando usciva, sempre alla stessa ora, esattamente alle otto meno sei…”.
“Alle otto meno due minuti passava davanti alla stazione. Alle otto meno un minuto saliva la scala che lo portava al suo gabbiotto. Era un posto davvero piacevole, il miglior punto di osservazione di tutta la città”.

“Di solito andava a letto subito dopo mangiato, si alzava verso le due”.
“Di solito, quando rientrava, mangiava un piatto di carne e un po’ di patate riscaldate, ma stavolta…”.
“Cercò di dormire come gli altri giorni, ma dopo neppure un’ora si alzò”.
“Di solito Maloin non si vestiva per il pranzo. Ma questa volta comparve sulla soglia della cucina con l’abito della domenica”.

Con questi semplici mezzi espressivi, Simenon manifesta l’essenza del romanzo. La ripetitività esistenziale (“al solito”, l’ora esatta) e l’evento che interrompe il corso scandito della quotidianità (“ma stavolta”). Ai quali si aggiunge il “punto di osservazione”, vero stilema del romanzo, che viene raccontato ‘visivamente’.

Gli accadimenti, specie nella prima metà del libro, la migliore, sono visti. Simenon conduce la narrazione secondo un procedimento che è filmico. Dalla cabina di Maloin lo sguardo spazia sulle banchine del porto, sulla stazione, sulla città. Ma la genialità dello scrittore belga sta nel fatto che le scene più importanti avvengono di notte e con la nebbia. Quindi si vedono e non si vedono. E quando non si riescono a vedere, si odono, attraverso i rumori, le voci, le sirene. C’è, inoltre, un momento importante del racconto, in cui non volendo far vedere, si crea uno schermo di vapore che appanna i vetri “del miglior punto di osservazione della città”, rendendo impossibile la visione.

La seconda parte del romanzo è forse meno coinvolgente, ma ha il pregio di anticipare certe situazioni che Camus avrebbe narrato ne Lo straniero qualche anno più tardi. Come Meursault anche Maloin si fa trascinare dagli eventi e dal caso. “Quel che più lo irritava era che le cose sarebbero potute andare diversamente. Tutto era dipeso da una serie di circostanze.”
Anche ne L’uomo di Londra c’è un avvocato assegnato d’ufficio che afferma: “Mi permetto di dirle che non ne ha imbroccata una”. E anche per Maloin come per Meursault: “Tutti sono d’accordo nel giudicare rivoltante il suo cinismo”.

Ovviamente, non si tratta di cinismo, ma questo lo sappiamo noi, Maloin e Simenon.







2 commenti:

  1. Bela Tarr ne ha fatto un gran bel film, Simenon gli ha dato la materia prima, e che materia prima :)
    l'ho letto un po' di anni fa, Simenon (come Stevenson, Steinbeck, per dirne solo due, con la esse) è uno di quelli che tutto quello che ha scritto mi è piaciuto.

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  2. ciao franz, trovo abbastanza pesante il cinema di tarr. ho provato a vedere il film ma non l'ho retto. ci riproverò con più convinzione

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