cinema

martedì 27 settembre 2011

TINARIWEN

TASSILI

TINARIWEN - 2011




È il caso di dire musica e rivoluzione. Ibrahim Ab Allahbib e il suo gruppo hanno vissuto direttamente la lotta per i diritti del popolo Tuareg e per questo hanno conosciuto l’esilio dal loro paese, il Mali, vivendo una vita tra Algeria e Libia, sempre pronti a varcare i confini tracciati sulla sabbia del Sahara.

Questo è il loro quinto album, molto atteso dopo che negli ultimi anni il gruppo è riuscito a costruirsi una buona fama in occidente, con numerose date soprattutto a New York. E a New York è nata l’amicizia con gruppi come Wilco e TV on the Radio che appaiono ospiti in Tassili.

L’album è una sorpresa rispetto al rock elettrico dei precedenti. I Tinariwen infatti tornano ad una dimensione nomade e da accampamento attorno al fuoco. Tassili è un album raccolto e introspettivo, fatto di pochi strumenti: chitarre ritmiche e melodiche, un basso poco invadente, percussioni, voci. L’occidente è subito archiviato nelle prime tracce: qualche effetto sonoro dovuto al chitarrista dei Wilco Nels Cline nel brano di apertura, il falsetto dei TV on the Radio nella terza traccia e l’inserimento della Dirty Dozen Brass Band nella quarta traccia. Episodi tutto sommato marginali che non caratterizzano l’album. Anzi, si potrebbe anche parlare di forzature. Pagato il pegno al nuovo profilo ‘western’, Tassili segue la pista carovaniera che lo porta nel cuore del deserto. Fredde e lunghe notti stellate, canto - controcanto tra voce solista e coro, battiti di mani a scandire il tempo, racconti esili di solitudine, di amicizia, di sigarette e di ricordi.

Tassili è un disco profondo, che scava solchi leggeri con la costanza di un granello di sabbia mosso dal vento. Tra i pezzi migliori Walla Illa e Isswegh attay, struggenti con le loro sovrapposizioni di chitarre e la scarna Tameyawt: voce sommessa che racconta la vita semplice in un villaggio al confine tra Algeria e Mali con accompagnamento di arpeggi secchi e vibranti nel vuoto.

5 commenti:

  1. mi somiglia molto: disco, storia e filosofia! nomade dell'anima. Un abbraccio.

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  2. lo sto ascoltando da un po'.. li conoscevo ma condivido le tue giustissime considerazioni.

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  3. disco che aspettavo..e non mi ha deluso..da anni penso che la vera e unica novità nella musica può arrivare non dai soliti luoghi..il mescolarsi di generi e culture,quando le origini vengono mantenute,può dare grandi risultati.il resto rischia di essere solo una melensa e vuota rimasticatura di generi,tipo il revival penoso della new wave nel decennio scorso,tanto x fare un esempio...e allora apriamo a quello che era,una volta, il terzo mondo musicale..africa,asia..

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  4. @ milena, sono proprio felice che tu sia tornata a trovarmi negli orti.
    contraccambio l'abbraccio

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  5. @ brazzz, siamo perfettamente d'accordo, come sempre

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