LA PANNE – 1956
LA SERATA PIÙ BELLA DELLA MIA VITA – 1972
Ettore
Scola pesca un racconto di Friedrich Dürrenmatt
e lo fa aderire alle esuberanze di Alberto Sordi il quale non fatica certo a
conferire al personaggio le ‘tipiche italianità’. Anzi, l’attore non fa che recitare
se stesso e Scola lascia fare, accettando il rischio di far deragliare la
perfetta costruzione drammaturgica di Dürrenmatt.
La distanza
tra i due testi è grande, ontologica, se è permesso usare il termine in questo
contesto. Innanzi tutto il film di Scola è una commedia mentre il testo di Dürrenmatt ha implicazioni ben più profonde. Il
racconto La panne è una riflessione
sulla scrittura e se esistono ancora storie degne di essere raccontate da uno
scrittore, come, per citare l’autore, “il palesarsi di giudizi e di giustizia,
forse anche di pietà, capitata per caso, riflessa nel monocolo di un ubriaco”.
Nel
racconto il plot si svolge sì attorno al rappresentante di tessuti ma il nucleo
tematico è rappresentato dalla ‘corte’ e dal tema, ricorrente nella produzione
dell’autore svizzero, della giustizia, come appena ricordato. In questo caso
una giustizia che travalica le norme codificate e che si erge a moloch
inappellabile e supremo se pur circonfuso di apparente e innocua bonarietà
senile.
Scola
abbassa la materia drammatica – tragica – del racconto ed allestisce un varietà
in cui la corte è composta da animatori turistici travestiti da giudici; in
sostanza, delle macchiette. Il carattere
del film è tutto italiano e ciò non deve
essere visto come fattore di demerito, purtroppo però tutto viene ridotto ai
luoghi comuni più logori e scontati. Il testo di Dürrenmatt ne risulta in tal modo tradito.
Oltre a
questo tradimento, il film appare impregnato di moralismo cattolico alquanto
superficiale. Il protagonista è l’italiano Alfredo Rossi (ma guarda un po’!)
che imbocca la via del peccato facendosi sedurre dalla bella Janet Agren. La
donna è l’esca che lo porterà alla perdizione. Seguendo la misteriosa
motociclista Rossi giungerà al castello dopo una fatale ed inesplicabile panne
della Maserati; la visione della nudità femminile lo farà restare; infine, sarà
di nuovo l’apparizione della donna a chiudere il gioco.
In Scola
l’esecuzione della sentenza è assimilabile ad un apologo catechistico con i
suoi semplicistici simbolismi quando in Dürrenmatt
la vicenda viene conclusa con un intimo atto di coscienza, molto più in linea
con un certo spirito luterano che l’ambiente suggerisce.
insomma non me lo guardo...adoro Dürrenmatt e non ho voglia di vederlo ridotto a qualcosa di banalotto...
RispondiEliminaciao amico carissimo auguri!!!!
anch'io adoro durrenmatt, e per questo ho guardato il film con sospetto. non conoscendo il testo il film è gradevole.
Eliminaa presto e saluti anche a chiara