cinema

lunedì 20 ottobre 2014

MEDIANERAS

INNAMORARSI A BUENOS AIRES
GUSTAVO TARETTO - 2011


Nei primi anni ’90  è avvenuto il passaggio dal sistema analogico al digitale che, come una fluida macchia d’olio, non ha conosciuto intralci e si è imposto a livello globale contribuendo, in maniera decisiva, ad uniformare comportamenti e stili di vita. Oggi, negli anni Dieci, gli under trenta vivono più o meno nello stesso modo. A parte sacche di preoccupante fanatismo, un ventenne ha come piattaforma esistenziale  lo stesso palinsesto, non importa se vive a Tokyo, Johannesburg o Mexico City. Ci sono le ovvie differenze dovute al censo ma relativamente ai fondamentali possiamo dire che l’omologazione sia avvenuta. 

Ho pensato a queste banalità mentre guardavo Medianeras. In questo fresco film molta importanza viene attribuita all’ambientazione. Siamo a Buenos Aires, viene detto e ridetto e soprattutto mostrato, anche in modalità scatto fotografico, come stessimo sfogliando un numero monografico di una rivista di turismo o architettura. Si insiste molto sull’unicità della metropoli ma alla fine di questa unicità resta ben poco. Le vite che la riempiono sono vite standard. Solitudine, depressione, alienazione. Niente di nuovo, solo che nel secolo scorso queste erano le cifre comportamentali di intellettuali di mezza età che facevano del vuoto un atteggiamento che diventava sempre più posa e segno di distinzione. Oggi l’età dei nuovi esistenzialisti si è notevolmente abbassata e la loro insicurezza è ormai diventata una condizione di normalità. Si vive in monolocali-scatole-da-scarpe, ci si arrangia con lavori precari, si va in piscina e soprattutto, c’è la rete. In rete si lavora, si ascolta musica, si guardano i film, si socializza.


Medianeras è tutto questo. È la storia di una ragazza e di un ragazzo dalle vite parallele le cui traiettorie si incrociano per allontanarsi e poi tornano ad essere parallele e di nuovo a convergere. Il doppio binario dura per quasi tutto il film che dopo averci felicemente sorpreso e fatto rimanere ammirati per tanta grazia, riesce a deluderci con un finale che se non può mettere in discussione quanto di buono abbiamo visto lascia però delusi. E rammaricati. Ma perdoniamo il finale al cinquantenne regista Gustavo Taretto perché subito dopo, sui titoli di coda ci delizia con un Marvin Gaye d’annata, quello dei duetti con Tammi Terrell. 


Ringrazio Franz / Ismaele per il suggerimento

1 commento:

  1. se ti ho convinto ad andare e non ti è dispiaciuto sono contento :)
    a questo servono, anche, i blog, condividere e incuriosire.

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