Morselli invia il suo romanzo “Il comunista” alla casa editrice Einaudi, sperando in una pubblicazione. La risposta si fa attendere ma questa volta a scrivere è Italo Calvino in persona. E’ da immaginare lo stupore e la gioia di Morselli nel vedere una lunga lettera di risposta firmata da quella che era considerata la figura più autorevole del panorama culturale italiano. La delusione però si presenterà agli occhi dello scrittore ‘inedito’ subito dopo le prime righe. Si tratta infatti di un altro rifiuto.
Torino, 5 ottobre 1965
Caro Morselli,
finalmente ho letto il Suo romanzo […] la lettura dei manoscritti è un lavoro supplettivo ed è anche un lavoro - devo dirglielo subito -che, quando si tratta di romanzi politici, faccio senza nessuna speranza. Trattando i problemi che stanno a cuore si possono scrivere saggi che siano opere letterarie di gran valore, valore poetico dico, con non solo idee e notizie, ma figure e paesi e sentimenti. Delle cose serie bisogna imparare a scrivere così, e in nessun altro modo. […] Le ho detto questo prima, come avrei potuto dirglielo prima di leggere il Suo romanzo: insomma è chiaro che gran parte del mio giudizio è basato su questo a-priori.
Calvino mette subito le cose in chiaro. Di fronte a romanzi “politici” non c’è speranza.
Il romanzo non può parlare di cose serie. Calvino formula giudizi a priori e lo ammette, quindi, la sua è una bocciatura. C’è insomma un pregiudizio estetico ma anche ideologico da parte dell’intellettuale ‘più illuminato’ del dopoguerra, colui che teneva ambo le chiavi della più prestigiosa casa editrice italiana.
Cominciando a leggerLa ho però provato interesse. Il Suo libro si presenta gremito di fatti, di dati, di documentazione d'una vita reale, ed è questa parte non-romanzesca, che mi faceva appunto rimpiangere che Lei non avesse scritto, che so?, una divagazione sul movimento operaio emiliano, raccogliendo e commentando memorie dirette e indirette, o un libro di ricordi e pensieri. […] tutta la figura di Terranini, c'è, persuade; la biografia americana di Terranini, anch'essa minuziosissima, e tutto sommato persuasiva, sa però di documentazione indiretta, resta fredda
Calvino inizia a leggere e s’interessa non per il romanzo in quanto tale ma per la mancata realizzazione di una raccolte di memorie da parte di Morselli. Non solo il questuante non può scrivere romanzi politici, ma neanche saggi. Tutt’al più un libro di ricordi! Invece Morselli insiste e costruisce anche un protagonista che persuade. Ma come si permette questo sconosciuto? e sa pure scrivere! sembra pensare il sommo.
Maestrina con la penna rossa Calvino segna gli errori: anglismi poco consapevoli, impressione di freddezza e ricostruzione da documentazione indirette. Proprio non ci siamo.
Ed ecco il peccato capitale: Morselli prova a descrivere l’interno del partito comunista e sbaglia tutto, che se lo lasci dire da uno che quel mondo lo conosce a tutti i livelli.
Calvino non è indulgente nemmeno per quel che riguarda l’impostazione tecnico-letteraria del romanzo: la parte amorosa non convince, le donne sono manichini, dialoghi inverosimili e il finale è forzato
[…]dove ogni accento di verità si perde è quando ci si trova all'interno del partito comunista; lo lasci dire a me che quel mondo lo conosco a tutti i livelli. Né le parole, né gli atteggiamenti, né le posizioni psicologiche sono vere. quel che riguarda Montecitorio, e la vita del povero deputato di provincia, è però più persuasivo. […]tutta la parte amorosa, le donne, specialmente Nuccia, non convincono; Nancy è solo un manichino ideologico tutto-fare. E tutto il viaggio in America è forzato[…]. Come vede il libro ho cercato di leggerlo in tutte le sue dimensioni, insomma ci ho preso gusto e mi ci sono arrabbiato, non rimpiango il tempo che ho impiegato a leggerlo, posso dire che mi ha mosso pensieri e ci ho imparato.
Spero che Lei non s'arrabbi per il mio giudizio. Si scrive per questo e solo per questo: non per piacere, o stupire, o "aver successo".
Un cordiale saluto
Suo Italo Calvino
Calvino legge il libro ci si appassiona, lo fa riflettere e impara dalla sua lettura ma non è pubblicabile. Dopo tutto, secondo il grande scrittore, si scrive per questo: per non essere pubblicati!
Alberto Moravia sul suicidio di Guido Morselli dopo il rifiuto di Dissipatio H G: “Ha fatto malissimo. Visto che era ricco poteva fare come me, che a vent’anni feci pubblicare a mie spese Gli indifferenti”.
In "Empirismo eretico", che usciva da Garzanti nel 1972, Pasolini scrisse alcune pagine sull'avanguardia letteraria in Italia, nei toni appassionati che lo fecero meritare in chiarezza intellettuale e onestà quanto oggi si deve tristemente rimpiangere. Grazie per il tuo post che è di monito e di sprone nella ricerca di un'ironia, di un'astuzia e di una serenità disilluse da opporre ai mali del tempo.
RispondiEliminaGiancarlo Micheli
giancarlo, benvenuto negli orti.
RispondiEliminail tuo commento è "schietto come giovinetta palma", direbbe 'eusebio' e ben si addice a uno scrittore come te
ti ringrazio vivamente
good reading
ne ho lette parecchie di stroncature di Calvino. Specie in quella bella mazzetta di scritti che li raccoglie: I Libri degli altri.
RispondiEliminaSecondo me, Calvino è uno dei grandissimi "lettori" del Novecento. Uno in grado di interpretare con arguzia ogni poetica, di smembrarla e ricomporla come il più grande meccanico della città vicino ad un motore. Non per nulla si può annoverare tra gli strutturalisti francesi. ed anche più in là, per la verità.
solo che come scrittore non mi convince più. troppa tattica e troppa teoria. libri che possono mutare sempre nella forma, ma che finiscono sempre per DIRE qualcosa e mai per ESSERE qualcosa. In questo Calvino è un illuminista, un retroguardista clamoroso rispetto alle sue professate attitudini. Ma è vero. Si parlava di Landolfi, da me. Le opere di Landolfi SONO non hanno bisogno di mediazioni. La forma copula col contenuto, il contenuto è lo stile, e la sua negazione più assassina. Calvino no, Calvino è tutto un dire. un offrire.
In effetti, soffriva di complessi d'inferiorità. Nei confronti di tizio caio e sempronio. Lo ha da poco ribadito anche Gianni Celati, a lui molto vicino.
In più Calvino soffriva un altro complesso, quello della reputazione del grande intellettuale da preservare, difendere. CAlvino non avrebbe mai fatto il passo falso, e questo è un grosso deficit in una voce che voglia esser indipendente.
un saluto
Volevo dire più semplicemente che Calvino è troppo stratroppo intoppo Mentale.
RispondiEliminaciao
@ daniz...
RispondiEliminagrazie, gran bel commento