cinema

domenica 6 febbraio 2011

CLAUDE CHABROL / PAUL VALÉRY

BELLAMY
CLAUDE CHABROL – 2009

Il cinema di Chabrol trasuda passione per il racconto, giorni di letture, serate a discutere di letteratura, di come rappresentare l’uomo, i suoi pensieri, le sue relazioni con gli altri. Nel cinema di Chabrol, come in molto cinema francese, da Godard a Truffaut, è palpabile l’amore per il testo scritto, per la letteratura. Con Bellamy Chabrol porta sullo schermo suggestioni letterarie, rimandi ad una serie di autori, e lo fa servendosi di una delle più tipiche espressioni della cinematografia francese, il poliziesco o polar per dirla alla cinéphile.


Ed ecco che Bellamy si presenta subito come un omaggio a Georges Simenon. Il commissario Paul Bellamy è Maigret. Depardieu fa rivivere il grande Gino Cervi, arricchendo il personaggio di una fragilità umanissima e commovente. Oltre a Simenon c’è un altro Georges, Brassens, la cui presenza aleggia per tutto il film e si oggetti vizza nel coup de théâtre che dipanerà il viluppo narrativo verso successivi scenari extra-filmici che non ci riguardano più. O meglio, che riguardano solo noi, non più il regista e l’opera, riguardano noi, la nostra immaginazione e quanto la visione è capace di sollecitarci ad inventare ulteriori accadimenti.


Tornando entro la cornice chiusa del film, la situazione rimanda ad Anatomia di un omicidio di Otto Preminger. L’impressione – la certezza – che Bellamy ha avuto cogliendo, nel momento della resa dei conti, l’espressione sulla faccia di colui che è il perno della fabula, mette tutto in discussione lasciando il ‘detective’ e noi spettatori nel dubbio. E senz’altro Chabrol ha girato un film sul dubbio, dove c’è una rigorosa simmetricità esteriore tra l’inizio e la fine ma il cerchio non si chiude e resta l’ambiguità del reale, in cui ciò che accade e che il regista sceglie di farci vedere non ha mai un significato univoco e nasconde verità diverse.


Si parlava della letterarietà del cinema di Chabrol e con Bellamy infatti il regista ricorda anche due grandi poeti. Uno, Auden, citato espressamente con un verso che suona come una dichiarazione di poetica, la chiave di lettura del film, saggiamente posta prima dei titoli di coda. L’altro è Paul Valéry, sepolto a Sète e autore del Cimitero marino. E proprio il cimitero marino di Sète ha un ruolo centrale nel film.


PAUL VALÉRY


Fermé, sacré, plein d’un feu sans matière,
Fragment terrestre offert à la lumière,
Ce lieu me plait, dominé de flambeaux,
Composé d’or, de pierre et d’arbres sombres,
Ou tant de marbre est tremblant sur tant d’ombres;
La mer fidèle y dort sur mes tombeaux!


Racchiuso, consacrato, colmo di un fuoco immateriale,
frammento di terra offerto alla luce,
mi piace questo luogo, dominato da torce,
che lo fanno d’oro, di pietra e di alberi cupi,
dove il marmo è così tremolante contro tanto d’ombre;
il mare fedele dorme sulle mie tombe!


Da Le cimetière marin, 1920. Traduzione di eustaki


9 commenti:

  1. Amo Chabrol ed ho amato questo film. Un Depardieau finalmente non gigionesco ed una Marie Bunel che mi ha fatto perdere la testa.

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  2. Mi hai incuriosito: qual è il verso Auden, citato prima dei titoli di coda?

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  3. @ ciao harmo. hai ragione, dep non gigionesco e marie incantevole

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  4. @ salve ettore, benvenuto negli orti.
    non ho citato il verso perchè rispetto la volontà del regista.
    nei miei post su libri o film cerco di svelare il meno possibile. in questo caso chabrol ha inserito il verso alla fine del film quindi è in quel momento che deve essere conosciuto.
    però, se proprio lo vuoi sapere te lo dirò, se ci sei batti un colpo

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  5. No, va bene, vedrò il film. Una sorpresa deve rimanere tale.

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  6. Che combinazione di elementi, poesia esplosa in ogni frammento della visione! Bel pezzo Eustaki! :)

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  7. @ milena, grazie e non posso che risottolineare il nostro allineamento

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  8. Bene, l'ho visto. E' veramente un bellissimo film.
    Straordinari gli attori, in stato di grazia. Grazie del consiglio.

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  9. @ ettore. sono contento che ti sia piaciuto
    a presto

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