NON SI SEVIZIA UN PAPERINO – 1972
LUCIO FULCI
Il film ha alle spalle un meticoloso lavoro di scrittura e un’attenta scelta degli attori, come Barbara Bouchet, Tomas Milian, Florinda Bolkan, Irene Papas per un cast di prim’ordine con ambizioni internazionali (sarà infatti un buon successo anche in Francia, Spagna, Regno Unito e distribuito negli USA).
La storia segue un caso di omicidi seriali le cui vittime sono alcuni bambini di un paese-tipo dell’Italia meridionale. Entrano successivamente in scena i molti personaggi, spesso anche collettivi e tutti, anche se sinteticamente, ben definiti. Tra i collettivi compaiono le forze dell’ordine, i giornalisti, gli abitanti del paese, i parrocchiani, che partecipano alla storia come veri e propri soggetti aventi un ruolo specifico e all’interno di essi il regista si cura di evidenziare lievi sfumature e contrasti(come tra magistrato ‘forestiero’ e maresciallo del luogo). Vi sono poi i ruoli principali: lo scettico giornalista, la bella e ricca eccentrica, la fattucchiera, il giovane parroco post conciliare, a cui si aggiungono altre figure corollari ma non per questo meno significative, come il vecchio mago, lo scemo del paese, la piccola minorata, la madre del parroco.
Molta rilevanza ha il contesto geografico e sociale in si svolge il film, un piccolo centro del Sud. Il luogo fisico nelle sue componenti paese/campagna e lo sfondo culturale vengono ben sottolineati dalla regia anche grazie all’ottima fotografia di Sergio D’Offizi. Si segnalano le vedute del bianco blocco monolitico dell’abitato contro il cielo, paese-comunità arroccata a superstizioni e pregiudizi, dove sacro e magia nera, giustizia sommaria e aderenza alla liturgia religiosa si mescolano. E si potrebbero citare le scene in chiesa, i linciaggi nei confronti dei ‘diversi’ e il messaggio di sostituzione del giudizio divino che collocati nello scenario meridionale fanno pensare all’influsso dell’opera di Ernesto De Martino su regista e sceneggiatori.
Ricorrente è poi, in numerose inquadrature, la presenza dell’autostrada con funzione simbolica. Essa rappresenta infatti l’unica possibilità di evasione quando permette l’arrivo delle prostitute ma anche il contatto con la modernità, con il Nord e non a caso i due personaggi più ‘moderni’ sono proprio settentrionali.
Il film è anche impreziosito da alcuni momenti di grande impatto visivo ed emotivo, come l’audace scena in cui Barbara Bouchet nuda provoca una delle giovani vittime, nella quale fu utilizzato come controfigura del minore colui che sarà il ‘nano della Termini’ protagonista di un noto fatto di cronaca raccontato nel film ‘L’imbalsamatore’ di Matteo Garrone. Oppure il linciaggio al cimitero con i primi piani delle ferite inferte dagli assassini.
Un po’ scontata la soluzione del caso e richiedeva maggiore attenzione la scena conclusiva con qualche scintilla di troppo.
Gli anni d'oro del Bolkan, che a me è sempre piaciuta un sacco
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