cinema

domenica 8 maggio 2011

ERIC AMBLER

LA MASCHERA DI DIMITRIOS
ERIC AMBLER - 1939

Il plot si snoda lungo i suggestivi itinerari dell’Europa levantina: Istambul, Smirne, Atene, Sofia, Belgrado fino a Parigi, con puntate in Svizzera e a Roma. Quasi un ritorno dell’Orient Express. E proprio le atmosfere ‘Orient Express’ con immancabili omicidi, spie, trafficanti di droga, rendono godibilissimo questo classico del genere spy-thriller con agnizione finale.



Eric Ambler sa scrivere libri da ‘Giallo Mondadori’ o ‘Segretissimo’, la lettura è avvincente e poco impegnativa, mescola l’esotico geograficamente più prossimo ai topoi consolidati della spy-story, permettendosi di apportare innovazioni che, come ne La maschera di Dimitrios, ne fanno un autore in grado di emergere dalla selva dei romanzieri di genere. Ambler non è Simenon, va detto subito, e forse neanche Graham Greene ma è da considerarsi il precursore di Ian Fleming, rispetto al quale dimostra una più consapevole ironia letteraria, come nel finalino post-scioglimento dell’intreccio.


In questo celebre romanzo del 1939 storia e geografia sono la scacchiera fondamentale sulla quale l’autore muove le sue pedine. E di pedine letteralmente si tratta. I personaggi sono caratteri senza profondità che assumono identità in base alla funzione che svolgono nel racconto. Nel definire questi personaggi-funzione Ambler si concede qualche sfizio anticonformista. Qui il ruolo di detective-motore dell’azione è assegnato ad uno scrittore di gialli inglese che senza altre intenzioni rispetto alla semplice curiosità o all’ispirazione per un eventuale romanzo, si ritrova trascinato dietro alla soluzione di un enigma che lo porterà in giro per mezza Europa. A lui si affiancherà un altro carattere il cui ruolo è di dare spinta ad uno sviluppo della trama che affidato al solo scrittore inglese avrebbe rischiato di incepparsi. I due protagonisti formano una coppia di detective sui generis. Completamente in balia delle situazioni, incapace di prendere decisioni tranne che di seguire il flusso delle vicende per propulsione da parte di altri, lo scrittore Latimer non fa che commettere errori di ogni tipo dimostrandosi completamente imbranato, un imbranato che però riconosce, con rammarico e senso del ridicolo, i suoi comportamenti sbagliati. Peters, l’altro ‘detective’ nella sua ricerca-quest è mosso da ragioni ben più sostanziali: vendetta, denaro, affermazione della propria pretesa superiorità intellettiva.


Vi è poi il terzo protagonista, che è l’espediente narrativo del romanzo, l’assente-presente Dimitrios il quale apparirà solo nel finale dove tutti e tre i caratteri si ritroveranno per la resa dei conti risolutiva.


Corollari delle tre funzioni principali, compaiono le più svariate comparse le quali vengono mosse dall’autore negli ambienti più diversi, a dipingere quella varietà che segna uno dei pregi del romanzo. Ecco allora alti funzionari turchi, tenutarie di postriboli, agenti segreti polacchi, uomini politici bulgari, contesse edoniste, spacciatori e consumatori di droghe, alta e bassa società cosmopolita.
Notevole la descrizione degli effetti della droga sul tossicodipendente, anche pensando che La maschera di Dimitrios è uscito prima della II Guerra Mondiale.


Locandina del film di Jean Negulesco del 1944





Copertina della prima traduzione italiana nel 1949



La recente edizione ne gli Adelphi



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