cinema

mercoledì 14 settembre 2011

ILYA / EMILIA KABAKOV

THE FALLEN ANGEL
PIETRASANTA - 2011






Sul prato, circondato dal nastro ‘do not cross crime scene’, appena caduto dagli spazi empirei giace scomposto l’angelo. È pesante, una massa corporea disarticolata che qualcuno ha coperto col lenzuolo della morte. Le ali sono spezzate e i piedi, i grossi piedi, scoperti, in una posa innaturale, lasciano intendere le restanti fattezze della creatura, provocando sbigottimento accompagnato da una sensazione di angoscia. Sentimenti che, una volta tornati alla ragione e ristabilito il fatto che siamo di fronte ad una creazione artistica, si trasformano in emozione e certezza della riuscita dell’opera. L’impatto con l’angelo è infatti emozionante.
Dall’elegante chiostro una piccola porta immette sul rettangolo erboso aperto al cielo e ai tetti della città circostante. In questo spazio sospeso e circoscritto, illuminato dalla piena luce del giorno, la sovrumana, per misure e attributi, figura senza vita dell’angelo innesca un contatto tra il reale del corpo, del luogo, di quella delimitazione ‘burocratica’ dell’accaduto e l’imponderabile, il mistero. Si è consumata una tragedia, alla quale forse per poco non siamo stati testimoni ma ora ci troviamo di fronte al fatto compiuto e irreparabile: l’angelo è morto e noi siamo spettatori mancati, impotenti e pieni di interrogativi che non avranno risposte in cronaca.
I coniugi Kabakov (Russian-born, American-based artists, come si presentano sul loro sito web), già appartenenti al consistente gruppo degli émigré ai tempi del comunismo sovietico, con questa opera, The fallen angel, giocano con  il pubblico. In riferimento alla presente società dell’informazione, i due artisti russi mettono in scena una provocazione. Creano l’evento, danno agli spettatori l’appagante senso di essere testimoni di qualcosa di straordinario (come quando si passa davanti ad un incidente e si attende di vedere il sangue) ma al tempo stesso , l’evento, con il suo inesplicabile mistero, ci atterrisce. Noi siamo qui, abbiamo davanti il corpo gigantesco che qualcuno ha coperto, che qualcuno ha già provveduto ad isolare e a renderlo inavvicinabile ai curiosi e ai non autorizzati, vediamo quanto è accaduto ma non capiamo.

Nell’angelo caduto i Kabakov ribaltano il celebre dipinto di Breughel, La caduta di Icaro, cantato in un’altra altrettanto celebre poesia di Auden (→). Lì il fatto sovrannaturale avveniva senza che le altre presenze umane rappresentate nel quadro prestassero la minima attenzione alla eccezionale caduta con Icaro destinato a sprofondare in mare e a non lasciar segno di sè. Qui, invece, resta tutto davanti ai nostri occhi, sotto la luce dei riflettori, al centro della scena e noi non possiamo essere indifferenti come il contadino di Breughel. Veniamo coinvolti e quindi ci poniamo delle domande le cui risposte non possono essere che ipotesi.
Ilya e Emilia Kabakov, Angelology, 2010

4 commenti:

  1. Questa mi piace!
    E tu hai saputo descriverla molto bene!

    A vederla così, in foto (ovviamente immagino che la visione dell'opera dal vivo suggerisca ben altre impressioni e riflessioni, nonché riesca a provocare emozioni molto più forti), mi fa pensare al tentativo di circoscrivere il "meraviglioso" e quindi di rendere accessibile il Mistero, ma fino ad un certo punto.
    Ovviamente la delimitazione del nastro rimanda alle morti per omicidio o per incidente e solo agli "addetti ai lavori" (polizia, investigatori, medici ecc.) è concesso avvicinarsi più di tanto. Gli spettatori curiosi sono obbligati a restare all'esterno del nastro, quindi a loro è negato lo sguardo sui particolari, e tutto ciò che resterà fuori dalla loro conoscenza e visione sarà destinato a venire colmato dall'immaginazione. Un tentativo di spiegare ciò che è accaduto, di dare un senso. Un racconto. L'origine del mito, se il mito è il tentativo di rendere intelligibile la realtà.

    Guardando quell'angelo, ci domandiamo perché è caduto, se ha sofferto nel momento dell'impatto, quali sono stati i suoi ultimi pensieri.
    E si dà avvio ad un racconto. Ad una possibile storia e verità in cui però il nucleo profondo del Mistero resterà intatto.

    A me, così al primo impatto e fuori dal mito biblico, sono venute in mente queste considerazioni.

    Molto belle anche le tue riflessioni su La caduta di Icaro di Brueghel.

    L'immensità della tragedia e la distanza che sempre si frappone tra chi ne è protagonista e il resto del mondo. L'indifferenza della vita che scorre.

    Un saluto

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  2. cara biancaneve,
    i tuoi commenti sono espansioni dei post!!!

    molto graditi i tuoi passaggi negli orti

    a presto

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  3. Eustaki torno negli orti e ti saluto!

    Pietrasanta. Quest'estate ho visto articoli su diversi giornali. Mai stato.

    ciao

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