POST MONUMENT
XIV BIENNALE DI CARRARA
Post monument è l’idea che lega le azioni artistiche della XIV biennale internazionale di scultura di Carrara, forse la principale manifestazione mondiale relativa alla scultura contemporanea. E subito si pongono questioni importanti: cosa resta della canonica suddivisione delle arti in scultura, pittura, architettura, arti “minori”? Qual è il ruolo del luogo/contesto territoriale nel processo di creazione-realizzazione-fruizione artistica? Come si rapportano oggi Storia e Arte quando è già stata teorizzata la fine della Storia? Il monumento, suggello dell’evento storico, memento ai posteri, passato che si materializza e si fa eterno, ha senso nell’era post-storica? Ma la Storia è davvero finita nell’89 o è ricominciata nel 2001? Ancora, nell’arte del post monument che relazione si determina tra produttore d’arte e pubblico, e per pubblico s’intende il soggetto civico, collettivo, comunitario, ma anche il singolo, non necessariamente addetto ai lavori o iniziato ai misteri eleusini delle contemporaneità artistica.
La biennale di Carrara ha il pregio di suscitare interrogativi fondamentali nella fisionomia iperconcettuale di questa sua quattordicesima edizione.
Lasciando perdere le sezioni History ed Architettura e il flop di Cattelan, che merita però un discorso a parte, la visione delle opere suggerisce alcune risposte, tutte improntate ad un pessimismo e ad una rassegnazione uniformizzanti.
Se è vero che siamo nel post monument, la scultura in quanto tale non ha più senso e allora diventa scultura un suono (sia esso il rumore della cava o l’Internazionale), un’immagine bidimensionale (una foto, un video). Scultura è una conversazione, scultura è un gesto: io-chiunque salgo sulla base monument e divento opera. Scultura è soprattutto un’idea, un concetto. Che tutto questo venga enunciato nella/dalla città del marmo suona veramente nichilista.
Per millenni monumento e marmo, materia e rappresentazione, sono stati inscindibili nel fissare il transeunte. Ora non c’è niente da sottrarre allo scorrere del tempo, si può ridire NO o si può defecare, il tutto sulle rovine di luoghi, i laboratori in disuso, che sono gusci di rifiuti che contengono sculture immateriali.
In questo la biennale è coerente come nei monoliti di Piazza Alberica, dove il marmo sembra essere protagonista ma si tratta di pura forma, di pura idea. O come nella spettrale ambientazione della chiesa, dove il marmo ridiventa quello che è: materia, micidiale scheggia rocciosa. E così l’azione artistica torna alla natura e riassumendo la sua essenza di minerale il marmo non è più scultura, è monumento al nulla.
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