INGEBORG BACHMANN
Max Beckmann Autoritratto - 1937 |
Non toccata da nostalgie imperiali, anche per motivi anagrafici, essendo nata a Klagenfurt nel 1926, Bachmann cresce in un’ Austria-guscio di noce in cui si succedono grandi eventi traumatici: l’anschluss, il nazismo, la guerra, l’occupazione alleata.
Anche se immediatamente riconosciuta come figura di spicco dell’ambiente letterario viennese, entro i confini del suo Paese Bachmann sviluppa un forte senso di frustrazione e cercherà di sdoppiare la propria vita vivendo a Roma, in una sorta di esilio autoimposto.
“Amo Vienna perché vivo a Roma” e l’idea di esilio torna in molti suoi scritti, condivisa fino alla morte, nel 1973, con l’altra grande voce della poesia tedesca, Paul Celan, ‘esule’ a Parigi.
Dalle prime fondamentali esperienze in versi, subito acclamati da critica e pubblico, Bachmann, raggiunta “l’età della ragione” sceglie la prosa. Del 1961 è questa raccolta di racconti nei quali si fondono elementi autobiografici, spunti filosofici, inquietudini esistenziali. La lingua di Bachmann è viva, sofferta, lucidissima nella sua capacità di penetrare nella psicologia dei vari personaggi: le basta pochissimo, giusto la dimensione del racconto per definire un carattere. Esemplare in tal senso la straordinaria galleria di comparse in ‘Tra pazzi e assassini’. E magistrale è il procedimento letterario usato per sviluppare la presa di coscienza di tutta una vita da parte del protagonista di ‘Un Wildermuth’.
L’autobiografia è più evidente in ‘Giovinezza in una città austriaca’ o nel racconto che dà il titolo alla raccolta, con l’espediente di far vivere le proprie esperienze di vita ad un personaggio maschile, con tutti i conseguenti slittamenti psicologici tra realtà e finzione, sempre ponendo al centro dell’indagine la conquista di una verità che sfugge.
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