L’UOMO NELL’OMBRA – 2009
ROMAN POLANSKI
Polanski è un abile narratore cinematografico. Ha esperienza, sa come si deve far muovere la macchina da presa e conosce alla perfezione i mezzi tecnici e espressivi filmici. Ci vuole però anche una storia da raccontare e deve crearsi un’empatia tra maestro ed attori. Quando ciò accade nascono film non solo perfetti ma che persistono nella memoria. In questo Ghost writer la scintilla tra attori e regista non scocca, la sceneggiatura è fiacca e in alcuni punti regge a stento.
La velocità di spostamento dei personaggi è da supereroi, come quando l’ex ministro degli esteri giunge dopo un minuto all’appuntamento o i killer immediatamente pronti a colpire appena comunicato lo scioglimento dell’enigma. Banale il suicidio/omicidio iniziale e veramente superficiale il modo in cui se ne dà spiegazione, per non parlare del nodo della vicenda, che sta a Le Carrè come Verdone e Virzì alla commedia all’italiana… ma questo riguarda più Robert Harris che Polanski.
Nessun personaggio è messo a fuoco e la scelta degli attori è incomprensibile.
Tutto è grigio. Come deve essere un ghostwriter e questa è la cifra estetica da apprezzare. La gamma cromatica di esterni e interni va infatti dai seppia alle varie sfumature del grigio, come i vestiti dell’inespressivo protagonista; il tempo sempre carico di umidità; la villa sull’oceano perfetta.
Da regista geniale l’ultima inquadratura del film, con la relazione tra campo-fuori campo anche se le pagine al vento restano un cliché.
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