cinema

giovedì 2 settembre 2010

LAURIE ANDERSON

HOMELAND - 2010
LAURIE ANDERSON

Un nuovo album per Laurie Anderson, dopo molti anni. Homeland è quello che ci si aspetta. Affermazione che può significare attesa ripagata ma anche prevedibilità e il disco/palinsesto ha in sé entrambi gli aspetti, una prevedibile gradevolezza.
Laurie continua il suo discorso iniziato con Big Science e proseguito con American Stories, delle quali Homeland è di fatto, già dal titolo, l’ultimo capitolo. Visualmente o musicalmente Anderson è una narratrice e seguita a raccontare l’America. I brani di Homeland sono frammenti che compongono le sfaccettature della ‘patria’ e come cristallo se illuminato, riflettono bagliori che differiscono in base a mutamenti minimali. Recitativo evocativo è la cifra di Anderson, da sempre, e si conferma in questo Homeland, costituito da tracce. Ogni traccia è innanzi tutto un testo, il quale è denuncia, racconto, sfogo lirico, elaborazione poetica, citazione. Il testo è enunciato dalla voce manipolata, usata come strumento, che in Another day in America si sdoppia in quella dell’alter ego Fenway Bergamot, seguendo la tematica del femminile/maschile ricorrente nell’opera dell’artista.
Attorno a questo nucleo compositivo si aggregano i suoni, a volte convulsi a volte eterei ma sempre studiati a dare l’impronta di unicità ad ogni traccia. Si procede nell’ascolto come se si leggesse una raccolta di racconti e così si succedono le voci tuvane, la fisarmonica, l’ospite Antony, Bergamot, il beat frenetico, il maestro Zorn. La lettura/ascolto rapisce e i riferimenti più prossimi possono essere Bob Dylan, Raymond Carver, il T.S. Eliot dei quartetti, David Byrne di True Stories.

1 commento:

  1. Non aspettarsi nulla per esser poi stupiti o piacevolmente confermati! Benritrovato!

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